Velo vietato in classe, l’Ufficio scolastico frena
UDINE. Nessuna sponda favorevole o apertura di “credito” tra i colleghi e nemmeno un plauso (anzi) dai vertici dell’ufficio scolastico regionale. No, la circolare firmata e diffusa dal preside del Malignani di Cervignano Aldo Durì che vieta l’utilizzo del velo islamico (e dei simboli esterni delle altre religioni) in tutti e sei gli istituti superiori della Bassa friulana che dirige è stata recepita, nel mondo della scuola, con scetticismo e contrarietà. Anche in quelle realtà di Udine – come il liceo Marinelli – in cui la presenza di ragazze con il velo rappresenta tutto tranne che una novità.
La posizione ufficiale dei vertici dell’istruzione regionale arriva per bocca di Pietro Biasiol, dirigente vicario dell’Ufficio scolastico del Fvg. «Per quanto l’idea di Durì nelle intenzioni sia encomiabile – ha spiegato – perché ha l’obiettivo di combattere eventuali momenti di tensione e di discriminazione negli istituti, l’adozione di questa specifica misura restrittiva è, quantomeno, molto discutibile». Scelta più che opinabile, dunque, e che va monitorata. «Stiamo effettuando le verifiche del caso – ha concluso Biasiol – anche perché nessuno, fino a questo momento, ha mai preso decisioni di questo genere. La via italiana della laicità della scuola è sempre stata improntata sulla libertà e sulla trasparenza, non sulle limitazioni».
Una posizione, al netto della forma, chiara e che collima con quella dei colleghi di Durì. «Se una persona con il proprio abbigliamento non offende nessuno – taglia corto Stefano Stefanel, preside del liceo Marinelli – non vedo cosa ci sia da vietare perchè la tolleranza, anche estetica, era e rimane un valore da difendere». E se Marina Bosari del liceo Copernico spiega di non vedere «alcuna motivazione per interventi di questo tipo» Antonio Colussi, dirigente scolastico dello Zanon va giù pesante. «L’educazione culturale – ha detto – si sviluppa non attraverso le proibizioni, ma con la conoscenza delle diversità. Da noi a Natale c’è il presepe e l’albero, durante il Ramadan spieghiamo agli studenti di altre confessioni che cosa rappresenti questo mese per i musulmani e se dovessero esserci dei ragazzi ebrei che venissero a chiedermi di voler rispettare lo shabbat sarei a loro disposizione».
Tanti non hanno gradito, ma c’è anche chi, tra i musulmani, è d’accordo con Aldo Durì. La reazione di alcuni esponenti dell’associazione “El Firdaous”, che gestisce il centro islamico di Terzo di Aquileia, non si è fatta attendere. «Il preside ha dichiarato che la scuola italiana è laica, ma non è così – commenta Salah Sufiani –. Il crocifisso è presente nelle aule. Rispettiamo l’Italia e la sua religione, ma anche gli italiani devono rispettare la nostra fede. Il velo significa rispetto per la persona che lo porta. I capelli lunghi e i tacchi richiamano l’attenzione. Vietare il velo equivale a far entrare una ragazza nuda in classe. È come se il preside venisse in Marocco e prima di entrare da qualche parte gli chiedessimo di togliersi tutti i vestiti. Ci sono colleghe cui viene chiesto, sul posto di lavoro, di togliersi il velo. Anche in presenza di una minaccia di licenziamento, nessuna di loro ha mai accettato. Non è giusto togliere i simboli religiosi».
Il preside Durì, in merito alla presenza del crocifisso nelle aule, precisa: «Non ho mai dato disposizione di rimuovere i crocifissi. Sono rari perché quelli deteriorati non sono mai stati sostituiti nel corso degli anni in quanto la Provincia, cui spetta di provvedere alla fornitura degli arredi, non li ha mai inviati. Avevamo comunicato all’ex assessore provinciale Elena Lizzi con precisione le necessità esistenti. Peraltro, da quando esercito il mio mandato, pertanto 2008, non ho mai avuto il piacere di vedere, nelle aule e negli uffici, la fotografia ufficiale del presidente Napolitano». Per quanto riguarda la circolare, invece, il dirigente afferma: «Non credo di attentare in alcun modo alla dignità delle ragazze musulmane chiedendo loro di presentarsi a capo scoperto in classe: questa idea mi ricorda molto tempi antichi, quelli in cui per le donne la “modestia” dell’atteggiamento e dell’abbigliamento era la massima virtù predicata dai bigotti. Ma che significa allora? Che le altre ragazze sono donne traviate e senza pudore?».
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