Velo integrale bandito dagli uffici pubblici
Tutto è iniziato sui banchi dell’opposizione, dove per anni la Lega nord ha lanciato strali sulla proliferazione del velo islamico in città, invocando un freno all’adozione. Ma ora che il Carroccio a Monfalcone è salito sulla Rocca, giungendo con gli alleati di centrodestra al governo, dall’anatema si è passati ai fatti. E così, in una prima bozza del nuovo Regolamento di Polizia urbana diffuso lunedì sera dalla giunta Cisint ai soli comitati rionali, per raccogliere le prime impressioni e correzioni, compare all’articolo 20 una disposizione che di fatto vieta niqab e burqa negli uffici comunali. Non solo, li banna dalle strutture di proprietà dell’ente: dunque scuole, asili, palestre e campi sportivi, casa di riposo, biblioteca, teatro e galleria d’arte.
La norma richiama espressamente, alla prima riga, l’attuazione dell’articolo 85 del Tulps (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza emanato nel 1931), il quale stabilisce che «è vietato comparire mascherato in un luogo pubblico», e parla di «adozione di misure idonee al rafforzamento del sistema di controllo, identificazione e della sicurezza», onde «evitare qualsiasi percezione di insicurezza» nell’utenza, nelle fasce più deboli (ovvero quelle assistite dai Servizi sociali), nei genitori di bimbi iscritti ai plessi didattici oppure nei dipendenti comunali. Di qui la prescrizione, che così recita: «È vietato l’uso di qualunque strumento atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, anche tramite dissimulazione del volto, in tutti gli immobili di proprietà o utilizzati dal Comune di Monfalcone, ancorché concessi a società sportive o private o con affidamento a terzi del servizio erogato, ove abbiano sede istituti scolastici, uffici pubblici o attività sportive, nonchè nelle pertinenze aperte al pubblico o con utenza pubblica» collocate nel perimetro municipale.
Al secondo comma viene poi puntualizzato che «sarà consentito il mantenimento dello strumento di dissimulazione del volto solo a seguito di specifica richiesta dell’interessato che abbia precedentemente acconsentito a farsi riconoscere da personale appartenente all’ente o istituzione o associazione che gestisce l’immobile e le sue pertinenze, con le modalità di riservatezza e, possibilmente, da persona dello stesso sesso se richiesto». Chi violerà la nuova disposizione proposta dall’esecutivo Cisint e al vaglio del Consiglio comunale il 30 maggio per il voto della massima assise potrebbe risultare passibile di sanzione amministrativa compresa tra 50 e 300 euro.
Quindi un vero e proprio giro di vite sul velo islamico, quello in procinto d’esser varato nella città dei cantieri, fermo restando che al momento tutte le disposizioni contenute nel regolamento di Polizia urbana assumono la veste di bozza e dunque sono suscettibili di ulteriori modifiche, come sottolineato nell’assemblea anche dal sindaco Anna Cisint. L’uso del niqab a Monfalcone, che lascia scoperti solo gli occhi, non è comunque isolato. Capita di incontrare a passeggio donne di nazionalità bengalese, anche giovani, che indossano i variopinti veli. D’altra parte la comunità musulmana in città supera abbondantemente i 2mila fedeli. Se per esempio l’utilizzo dello hijab, un foulard che copre i capelli e il collo del gentil sesso, lasciando scoperto il viso, non ha mai fatto registrare polemiche, perplessità sul velo integrale si sono manifestate in passato, sfociando in interrogazioni.
Il regolamento che dovrebbe entrare in vigore una volta superate le forche caudine del Consiglio non contempla a ogni modo solo quest’aspetto del vivere sociale. Tra i vari temi, infatti, interviene sull’accattonaggio, i vandalismi ai danni della proprietà pubblica e gli usi impropri dei beni, vedi per esempio l’utilizzo dell’acqua delle fontanelle pubbliche, che deve essere «strettamente connesso al consumo personale sul posto». È pertanto vietato «bagnarsi, lavarsi o effettuare altre operazioni di pulizia personale nelle vasche», pena una multa. Non è poi possibile «collocare, affiggere o appendere alcunché su beni pubblici», benché sia ammessa «la breve esposizione di messaggi nel giorno di particolari festeggiamenti, quali matrimoni, lauree e vittorie sportive», purché non abbiano «contenuti contrari alla moralità, buon costume e alla pubblica decenza». Chi si accinge a organizzare un addio al celibato, insomma, è avvisato. Vita breve anche per la blasfemia e il turpiloquio in luogo pubblico, la multa è un colpo al cuore del portafoglio: da 30 a 200 euro. Esclusa pure la birra al parco o in centro, la scure del proibizionismo è pronta a calare.
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