Valle, un testimone: «L’ho visto cadere. Quanto sangue»

Un turista milanese è stato il primo a prestare soccorso: «Una scena impressionante»
L'area delle docce comuni, dov'è avvenuta la tragedia
L'area delle docce comuni, dov'è avvenuta la tragedia

VALLE. «Erano più o meno le 20.30. L’ho visto arrivare verso la doccia assieme alla bambina. All’improvviso ho sentito un fragore e poi un urlo. Mi sono precipitato e quell’uomo era riverso a terra con il sangue che zampillava dal suo collo...».

È sconvolto Salvatore Virzì. È un turista di Milano. È giunto a Valle, nel campeggio Mon Perin, appena pochi giorni fa. Subito dopo Ferragosto proprio come Alex Unussich. Racconta guardando il padiglione con il buco lasciato dalla porta scoppiata.

«Ho visto benissimo quello che è successo. L’ho detto alla polizia che è rimasta qui fino a tardi. L’unica spiegazione al momento è quella che la porta si sia surriscaldata e che quando quell’uomo (Alex Unussich, ndr) l’ha toccata, è successo qualcosa. L’ha solo toccata, non ci ha dato un colpo...».

Salvatore Virzì
Salvatore Virzì

Racconta: «Mi sono precipitato verso il ferito. Che sanguinava. Una scena impressionante. Così ho mandato mio figlio al bar che si trova sulla spiaggia a chiedere aiuto».

A questo punto Virzì l’ha aiutato ad alzarsi. È stata una scena drammatica. Con lui altri ospiti del campeggio. Alex si è messo una mano sul collo. Ma il sangue colava sull’erba.

Dice ancora il campeggiatore milanese: «Mio figlio è rimasto al bar per almeno una decina di minuti. Nessuno al momento lo ha badato. Ha dovuto protestare perché lo ascoltassero, perché i camerieri in quel momento erano tutti impegnati. Abbiamo perso troppo tempo. Nessuno dei responsabili della struttura ha capito quello che stava succedendo. Solo in un secondo tempo è scattato l’allarme».

Porta a vetri esplode nel camping. Muore trafitto da una scheggia
Alex Unussich e, a destra, la doccia del campeggio dov'è avvenuta la tragedia

Dice poi: «Il vetro che è esploso era solo temperato. Non potevano montare delle porte con i vetri come quelli delle automobili protetti da un foglio di nylon? Come si può mettere a repentaglio la sicurezza della gente...».

È furioso perché si rende conto che sarebbe potuto accadere a lui o a suo figlio o a uno dei suoi cari. «Ogni giorno - dice - lì andiamo a fare la doccia e passiamo attraverso quella porta. È pazzesco».

Poi continua: «Non so, dopo quello che è successo, se rimarrò qui ancora. Ogni volta che esco dalla roulotte vedo davanti a me quella scena terribile. Il sangue che schizza e quell’uomo che urla per il dolore».

«Forse - aggiunge - quell’uomo è stato così forte da togliersi da solo la scheggia conficcata, ma poi non c’è stato più nulla da fare. Che brutta fine...».

A pochi metri da Salvatore Virzì, proprio all’ingresso del padiglione delle docce, c’è una giovane donna addetta alle pulizie. Assieme a una collega stanno lavando il pavimento. Sono state chiamate dalla direzione dopo che la polizia ha concluso i rilievi.

«Andatevene via», dice. La sua intimazione lascia trasparire rabbia e paura. Oltre la piccola collina, verso il mare ci sono i bagnanti. Adulti e bambini. Che giocano sulla spiaggia.

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