Val Rosandra ferita a tre anni dalla “strage”
Tre anni dopo “Alvei puliti”, l'intervento-scempio coordinato dalla Protezione Civile, la Riserva naturale regionale della Val Rosandra piange ancora. Durante il sopralluogo promosso dall'associazione politica per la costituente della Sinistra "Trieste per Tsipras”, si è potuto constatare che quella che era definita dai manuali europei una “foresta a galleria”, ora è una banale accozzaglia di piante di specie estranee.
«L’aspetto ecologico più caratteristico e importante di quel tipo di habitat, formatosi in decenni di naturale sviluppo, era rappresentato dalla struttura ad alto fusto del bosco, che aveva portato alla creazione di un microclima fresco ed ombreggiato in grado di garantire a varie specie animali - specialmente pesci e anfibi - condizioni termiche ottimali, soprattutto in estate», racconta il naturalista Dario Gasparo. Queste condizioni non ci sono più. I numerosi, imponenti tronchi di pioppo di 3 metri di circonferenza costituivano fonte di alimentazione per gli insetti xilofagi - protetti dalla Comunità europea -, oltre che per i picchi, ma garantivano anche protezione e fungevano da sito riproduttivo per i pipistrelli, per i paridi (cinciarella, cincia bigia e cinciallegra), ma anche per importanti rapaci notturni quali l’assiolo e l’allocco.
«Non v’è alcun dubbio che quelle condizioni non ci sono più, ed è questo il motivo per cui il giudice ha ritenuto di continuare il processo non chiedendo ulteriori indagini riguardanti il danno ambientale, conclamato, ma indagando ancora esclusivamente sull’aspetto idrodinamico, per verificare se effettivamente vi fosse un’urgenza nella decisione dell’intervento, in presenza di un acclarato rischio», prosegue Gasparo. Basta d’altra parte leggere la definizione data dal decreto 152/2006, norme in materia ambientale: «È danno ambientale qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell'utilità assicurata da quest'ultima».
Da qui si evince che l’ operazione della Protezione Civile ha determinato un cambiamento sostanziale del sito forse più rappresentativo della Riserva naturale. Guardandosi attorno gli scienziati puntano il dito sulla presenza dell’invasiva Robinia pseudacacia, spinosa specie eliofila di origine americana che sta sviluppandosi sul greto del torrente.
Questa specie produce molti pollini e rami che si spezzano facilmente e certo la sua presenza porta a rischi ben maggiori, visto che l’intento originario di “Alvei puliti” era quello di pulire il corso del torrente per facilitare il deflusso delle acque. Infatti, le specie originarie come il pioppo e l’ontano sono adattate a vivere lungo i fiumi e presentano portamento flessibile in grado di assecondare l’impeto delle acque; inoltre i grossi tronchi presenti prima dell’intervento, senza sottobosco arbustivo, lasciavano certamente più libero il fluire delle acque rispetto all’intricata rete che si sta sviluppando nel greto in modo caotico. Grosse robinie ricoprono quasi interamente la riva sinistra del torrente a valle del ponticello e una colonia di un’altra specie invasiva che a livello nazionale si sta cercando di eradicare e che qui invece è stata avvantaggiata, l’ailanto, sta colonizzando il torrente lungo la strada di collegamento tra Bagnoli superiore ed inferiore, avendo trovato un’ampia area soleggiata svuotata dalle specie autoctone originarie.
Alessandro Capuzzo, tra i promotori del sopralluogo di ieri, non ha dubbi: «A tre anni di distanza dall'incontro in Comune tra amministrazione e scienziati naturalisti, che produsse un accordo verbale per l'avvio di un Piano di recupero nell'area protetta rimasto disatteso per le resistenze legate al processo sulla vicenda, la situazione del sito è pessima». Da qui l'appello di "Trieste per Tsipras”, al Comune di San Dorligo, e in particolare al sindaco Sandy Klun e all'assessore all'Ambiente Franco Crevatin, a farsi garante del recupero in Val Rosandra.
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