Vaccini, cresce il partito a favore dello Sputnik

Sostengono il farmaco russo Salvini e Berlusconi: «Dobbiamo usarlo». Gli immunologi: deve prima approvarlo l’Ema 
Dosi del vaccino Sputnik V in arrivo a Belgrado (Foto del Governo serbo)
Dosi del vaccino Sputnik V in arrivo a Belgrado (Foto del Governo serbo)

ROMA Ah, che tentazione affidarsi allo Sputnik V, il vaccino di Vladimir Putin, così a portata di mano e dagli effetti mirabolanti. Da Mosca, ieri, incontrata Veronika Skvortsova, responsabile dell’Agenzia federale medico-biologica, il presidente ne magnificava le capacità anche contro le varianti. E peccato che secondo un sondaggio il 62% dei russi non voglia il vaccino nazionale perché non si fida.

Da questa parte dell’Occidente, invece, il vaccino russo gode di ottima stampa. Dopo l’Ungheria, ieri anche la Slovacchia ha ottenuto le sue prime forniture di Sputnik V. E sono in pista anche Austria e Repubblica Ceca. Anche il minuscolo San Marino ha scelto lo Sputnik V (ma ieri è arrivato pure un carico di Pfizer). E siccome le dosi di San Marino sono fin troppe per gli abitanti della Repubblica del Titano, si sono offerti di vaccinare qualche migliaio di lavoratori frontalieri.

Salvini, di cui si conosce l’entusiasmo per le cose russe, ha già dato il suo benestare: «Sarebbe un bellissimo segnale. Ho parlato direttamente con il ministro della Salute di San Marino, Roberto Ciavatta, e ho già scritto ai ministri Di Maio e Speranza per sollecitare una risposta all’offerta di aiuto, che mi auguro positiva».

Anche Silvio Berlusconi, che nutre un’amicizia solidissima con Putin, non vede l’ora di adottare in Italia lo Sputnik V. «Secondo gli esperti – ha detto ieri, parlando con quelli di Forza Italia al governo – funziona benissimo. Ma è in attesa dell’approvazione da parte delle autorità europee».

In verità a sognare lo Sputnik V sono in tanti. Ma c’è un ma. Ed è grande come una casa. Per legge, e secondo principio di cautela, ogni vaccino o farmaco che si dà ai cittadini europei va esaminato prima dall’Ema, l’agenzia medica europea. E però, come raccontava ieri a questo giornale Marco Cavaleri, presidente della task force sui vaccini dell’Ema, «Sputnik ha inviato dei dati con un’interazione positiva, ma non ancora un dossier completo». Per essere chiari: i russi non hanno ancora presentato domanda formale di autorizzazione. E quindi, dice tranciante Nicola Magrini, direttore generale dell’Aifa, in audizione al Senato, «è fuori luogo avanzare la richiesta di importazione sulla base di dati incompleti e poco noti. Ad oggi non è arrivata all’Ema la richiesta per la valutazione. Ci sono vaccini in fase ben più avanzata di validazione».

Gli fa eco Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria e produttore del vaccino Johnson&Johnson: «Su Sputnik non ci deve essere nessun pregiudizio. Però, come vale per tutti, sarà un vaccino quando avrà presentato la domanda all’Ema e all’Aifa, e sarà approvato. Perché gli enti regolatori sono garanti del fatto che tutto sia stato fatto secondo le norme e che i vaccini, come tutti i farmaci, vengono approvati perché sicuri ed efficaci. Quindi, lo Sputnik, quando sarà approvato, diventerà un vaccino anche per l’Europa, al momento non lo è».

Il nodo è che i russi non accettano ispettori dell’Ema nei loro centri di produzione. Sono molto più disponibili, per dire, i cinesi, che si rendono conto che è impossibile un’autorizzazione del genere senza ispezioni. Di qui, la cautela degli scienziati. «Non occorre avere fretta», sottolinea l’immunologo Mauro Minelli. Anche secondo Massimo Lopalco, epidemiologo e assessore alla Sanità della Puglia, «senza l’autorizzazione dell’Agenzia europea del farmaco, per i Paesi Ue non è un’opzione».

Conclusioni di Massimo Galli, infettivologo dell’ospedale Sacco e dell’università degli Studi di Milano: «Per poterlo usare in Europa, bisogna che venga presentato all’Ema. Ma se la richiesta di via libera non la presenti, non te lo possono approvare». —


 

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