Vaccini anti Covid, la Serbia produrrà in proprio i farmaci Sputnik e Sinopharm

Aleksandar Vucic, presidente della Serbia, espressione del partito progressista
Aleksandar Vucic, presidente della Serbia, espressione del partito progressista

BELGRADO Non è solo il Paese europeo già al top nel vecchio continente per percentuale di vaccinati, grazie agli antidoti russo e cinese. Ma, entro l’anno, diventerà anche quello con il maggior numero di dosi a disposizioni della popolazione, attraverso l’autoproduzione. È la Serbia, lanciatissima a diventare, un po’ a sorpresa, un modello per il resto d’Europa su come combattere la pandemia. Lo si fa acquistando più vaccini possibile, da tutti i produttori sul mercato. E contemporaneamente fabbricando in loco gli antidoti.

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È la strada che batterà Belgrado, che ha confermato che a partire dalla primavera inizierà a produrre sia il vaccino russo Sputnik V sia il cinese Sinopharm, al momento i più utilizzati nel Paese balcanico. Il Sinopharm dovrebbe essere prodotto «in grandi quantità per noi e per l’intera regione balcanica» in uno stabilimento che sarà realizzato ex novo in Serbia, ha reso noto il presidente serbo Aleksandar Vucic. Si parla di un investimento comune tra Serbia ed Emirati Arabi Uniti, di concerto con Pechino, che metteranno il denaro necessario «per una nuova fabbrica di vaccini» da realizzare chiavi in mano nella nazione balcanica, ha aggiunto Vucic. Fabbrica, è emerso, che dovrebbe essere pronta addirittura per il prossimo 15 ottobre, a tempo di record.

Ancora più da record è però la corsa alla versione serba dello Sputnik russo. Il vaccino “made in Serbia” dovrebbe arrivare sul mercato interno già a partire dalla tarda primavera, ha confermato il ministro serbo dell’Innovazione, Nenad Popovic. In questo caso non si parla di produzione, ma «i componenti» dell’antidoto sviluppato a Mosca saranno «trasportati in Serbia», dove verranno “infialati” e «distribuiti» alla popolazione, ha precisato Popovic dopo un incontro decisivo con il ministro del Commercio russo, Denis Manturov. Questa strada dovrebbe rendere la Serbia una vera “potenza” dei vaccini. Già oggi il Paese è riuscito a inoculare almeno una dose al 27% della popolazione (poco meno di 7 milioni di abitanti) contro il 36% del Regno Unito. Al secondo posto in Europa, Malta (24,6% della popolazione immunizzata con una dose), al quarto l’Ungheria (16,3%), che sta recuperando sempre grazie a Sputnik e Sinopharm. Distanziatissima per ora l’Italia, al 10,2%.

Eppure in Serbia crescono le preoccupazioni per il nocciolo duro di no-vax che continuano a opporsi alle iniezioni malgrado le tante dosi disponibili. E si susseguono gli appelli delle autorità alla ragione. —
 

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