Usa WhatsApp per adescare un’adolescente

Otto mesi a un 36enne. Ha inviato messaggi hard alla figlia 15enne di un’amica che l’ha scoperto
Un'immagine simbolo di WhatsApp
Un'immagine simbolo di WhatsApp

Un messaggino su WhatsApp che appare all’improvviso sul display del telefonino della figlia quindicenne: «Andiamo in un posto. Facciamo sesso e ti riporto in città». Dopo qualche giorno un altro messaggino: «Se vieni in zona mia lo facciamo da me. Ti davo un regaletto». E poi un altro ancora: «Nessuna delle tue amiche lo farebbe per 50 (euro)? E nemmeno per 100?».

L’autore si chiama Alessandro M. e ha 36 anni. È un commesso in un negozio del centro. E, per quei messaggini su WhatsApp, ha patteggiato una pena di nove mesi di reclusione. A pronunciare la sentenza è stato il gip Guido Patriarchi che ha sancito l’accordo tra il difensore, l’avvocato Donatella Majer, e il pm Pietro Montrone, il magistrato titolare del fascicolo. L’accusa è quella di adescamento di una minore di quindici anni che è affetta di un lieve ritardo mentale.

La vicenda risale all’estate dello scorso anno. Alessandro M., secondo le indagini del carabinieri, era un buon conoscente della madre della ragazzina e frequentava spesso la sua casa. E così, sempre secondo le indagini, non aveva avuto difficoltà nel procurarsi il numero del cellulare della minorenne.

A quel punto non aveva esitato inviando tre messaggini via WhatsApp alla ragazzina nel tentativo di convincerla ad incontrarlo. Ma quei messaggini inequivocabili erano finiti sotto gli occhi della madre che si è rivolta subito ai carabinieri e ha sporto querela.

In breve sono partite le indagini coordinate dal pm Montrone ed è scattata una perquisizione nell’abitazione del sospettato. Sono stati sequestrati il computer e il telefonino dell’uomo. Dall’esame effettuato dal perito nominato dal pm è emerso che Alessandro M. “chattava” solitamente con molte donne trattando argomenti sessuali.

Ma è emerso anche che l’unica minore oggetto delle sue attenzioni morbose è stata proprio la ragazzina figlia della conoscente. Una ragazzina che, come detto, non aveva mai incontrato se non casualmente nella casa, quando si recava a trovare la madre. Da aggiungere, infine, che la quindcenne non ha mai risposto alle disgustose proposte. La madre si è accorta delle frasi controllando casualmente il cellulare.

Alessandro M. è stato anche interrogato nel corso delle indagini. Ma non ha mai saputo spiegare (semmai ce ne fosse stato bisogno) le ragioni del suo gesto. Così, dopo la chiusura delle indagini preliminari, il difensore ha chiesto al pm la possibilità di patteggiare di fatto ammettendo le proprie responsabilità sulla base degli elementi d’indagine. Risultato: otto mesi per aver tentato di adescare una ragazzina di quindici anni inviandole messaggi hard.

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