Ursus da reietto a re: il pontone coperto d’oro VIDEO

TRIESTE Ursus rinascerà, dopo la delibera del Cipe che ha assegnato 50 milioni per l'inizio dei lavori in Porto vecchio. Il sindaco Roberto Cosolini ritiene che «il progetto del polo museale del mare sarà dettagliato entro l'anno, per far partire i cantieri nel 2017». Il preventivo del Comune era in realtà di 54 milioni: è arrivato qualcosa in meno e le voci di spesa andranno ricalibrate, ma è sicuro che sul pontone pioveranno alcuni milioni.
È ancora presto, tuttavia, per indicare la cifra esatta. Cosolini sottolinea che «il finanziamento del governo è destinato a progetti culturali nell'area: non sottraiamo soldi a possibili realizzazioni alternative. Il polo si estenderà alle banchine dello scalo, dove saranno ormeggiati Ursus e altre imbarcazioni».
Per il sindaco si tratta «di un esempio importante di archeologia industriale, che diverrà simbolo della storia della marineria, della cantieristica e della portualità di Trieste». Un simbolo all'interno del rifacimento del Porto vecchio, a sua volta emblema del possibile rilancio della città. Un bene comune il cui restauro - che prevede fra l’altro un ascensore in vetro da 15 posti per salire in cima, in stile Torre Eiffel - accompagnerà dunque la realizzazione della rete di infrastrutture necessaria tanto per il polo museale, quanto per gli interventi dei privati.
La rinascita di Ursus è già cominciata, grazie alla rinnovata azione della Guardia costiera ausiliaria, proprietaria del pontone dall'inizio del 2000, quando riuscì a sottrarla alla demolizione decisa da Fincantieri. È di pochi giorni fa l'ingresso all'Arsenale San Marco, dove trascorrerà un mese a rimettere in sesto lo scafo, grazie a un finanziamento regionale. Una gru galleggiante alta 75 metri, opera di ingegneria meccanica tutta locale, messa in cantiere dallo Stabilimento tecnico triestino nel 1913. Centotre anni di storia, cominciati al tramonto dell'Austria, quando la costruzione fu interrotta dallo scoppio della Grande guerra e dalla necessità di impiegare la navalmeccanica giuliana per le necessità dello sforzo bellico imperiale.
Ursus rimase una piattaforma galleggiante, incompiuta per anni: gru e motori arrivarono nel 1931, installati dai cantieri triestini, ormai nazionalizzati dal fascismo. Una coperta da 54 metri di lunghezza per 24 di larghezza: mille metri quadri di ponte e oltre 2mila tonnellate di stazza. Una gru in grado di sollevare in piena stabilità 150 tonnellate a 70 metri da terra. Un macchinario possente, per decenni senza eguali nel Mediterraneo e prestato a tutti i cantieri dell'Adriatico, capace di edificare opere portuali e costiere, partecipare alla costruzione di navi, sollevare dai fondali mine e relitti, stivare locomotive.
Durante l'occupazione jugoslava, nel maggio 1945, una motosilurante britannica dovette scongiurarne l'asportazione da parte delle forze di Tito. Continuò a lavorare per i cantieri di Monfalcone, per il San Marco e per realizzare la diga foranea del Porto nuovo di Trieste. Passato per un restauro nel 1975, funzionò fino al 1994, anno del disarmo. Poi l'oblìo e la condanna alla demolizione. Fu salvato dalla Guardia costiera ausiliaria, ma continuò ad arrugginire defilato, scontando la mancanza di risorse pubbliche. Eppure di giganti simili al mondo ce n'erano solo tre e intanto a Genova era tornato a nuova vita l'Heinrich Langer, cugino di Ursus per forma e funzioni.
Le cose cominciarono a cambiare nel 2010, quando la Gca raccolse 5mila firme per la salvaguardia del pontone e fece un primo restauro della carena. Nel 2011 la celebre fuga del gigante, strappato dagli ormeggi in un giorno di bora e disperso nelle onde: quasi un ultimo grido di dolore per il trattamento ricevuto.
Pochi mesi dopo il quadro mutò radicalmente, con l'intitolazione a monumento nazionale: provvedimento che lo sottrasse per sempre alla distruzione, ma non all'incedere del tempo, interrotto per qualche attimo dall'organizzazione di concorsi di bellezza, un paio di mostre, dalle riprese de "Il ragazzo invisibile" di Gabriele Salvatores e dalle proteste clamorose di Marcello Di Finizio. Fare di più non si poteva, nell'impossibilità di reperire le ingenti somme necessarie a un pieno recupero, esemplificato da alcuni progetti emersi nel mentre, con la previsione di una piattaforma panoramica con ascensore, l'illuminazione della gru, un anfiteatro e un ristorante all'aperto, spazi espositivi all'interno. Ora tocca alle istituzioni della città.
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