Universo virtuale: scoperta con immagini mozzafiato
Un universo virtuale, nel quale una straordinaria quantità di numeri e dati si trasforma in spettacolari immagini di galassie: il modello più completo dell’evoluzione dell’universo racconta con un’accuratezza senza precedenti la nascita delle galassie, avvenuta 12 milioni di anni dopo il Big Bang, e ne ricostruire l’evoluzione attraverso 13 miliardi di anni.
Descritto sulla rivista Nature, l’universo virtuale è il risultato della collaborazione coordinata dal Massachusetts Institute of Technology (Mit). Il risultato è uno strumento senza precedenti per la cosmologia perchè non si limita, come facevano i modelli precedenti, a ricostruire a distanza la “ragnatela cosmicA” delle galassie: questo nuovo universo virtuale scende nei dettagli e permette di viaggiare attraverso le popolazioni di galassie ellittiche e a spirale, ne analizza la composizione in modo coerente con i dati finora pubblicati nella letteratura scientifica, ricostruisce la proporzione dei gas presenti nelle diverse epoche dell’universo.
«È la descrizione più realistica delle proprietà delle galassie finora ottenuta», osserva l’astrofisico Giuseppe Murante, dell'Osservatorio di Trieste dell'Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), commentando il risultato. Il modello, spiega l’esperto, «è il frutto di una simulazione numerica, che integra al computer le equazioni che descrivono l’universo». La traduzione in immagini della simulazione numerica non è stata affatto banale: «Il video scientifico è stato prodotto mentre la simulazione andava avanti e il risultato è spettacolare», commenta Murante.
È uno strumento unico nelle mani dei cosmologi. Innanzitutto «è una conferma ulteriore della validità delle attuali teorie cosmologiche», spiega l’astrofisico. È «un modello realistico - aggiunge - non soltanto del comportamento della materia visibile (barionica) che si aggrega nel formare le galassie, ma permette di conoscere anche il modo in cui la materia visibile agisce su quella oscura, sei volte più numerosa». In questo, conclude l’esperto «conferma il risultato ottenuto in passato anche nell’Osservatorio di Trieste». C’è di più: il modello «non è una semplice riproduzione dell’universo, ma prevede dove potrebbe trovarsi la materia che non vediamo».
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