Università popolare senza pace: la presidente Benussi si dimette
TRIESTE Cristina Benussi nelle prossime ore invierà alla Regione una lettera con le sue dimissioni da presidente dell’Università popolare di Trieste. Lo scorso 7 settembre aveva già rimesso il suo mandato nelle mani del governatore Massimiliano Fedriga. Ha atteso per settimane un segnale e alla fine, ieri, nel corso della seduta della V Commissione comunale presieduta da Manuela Declich (Fi) e dedicata proprio alla situazione dell’Upt, ha anticipato la decisione irrevocabile.
Il dito ora è puntato verso il Collegio dei revisori dei conti che, a detta di Benussi, del dimissionario direttore Fabrizio Somma e del membro del consiglio incaricato dal Comune, Piero Colavitti, non avrebbe evidenziato le criticità della gestione e l’esigenza di ripianare le perdite accumulate dall’ente dal 2005 ad oggi. «Il Collegio sindacale avrebbe dovuto fungere da garanzia, dando anche degli indirizzi – ha osservato Somma –. La loro proposta di commissariamento è stata un fulmine a ciel sereno, violento, cattivo». «Di un deficit così clamoroso come quello segnato dai revisori non ne sapevamo nulla – ha dichiarato Benussi –, dai controlli che abbiamo effettuato nei giorni scorsi la situazione appare molto meno grave, c’è un disavanzo recuperabile, non è impossible che qualcuno lo ripiani. Inoltre – ha anticipato – il bilancio 2017 risulterà avere un attivo di 12 mila euro».
La spiegazione di quanto emerso da una ricognizione della situazione contabile – e ribadito anche a margine della seduta – è stata affidata a Colavitti, secondo il quale una serie di operazioni ridurrebbero il deficit di Upt a circa 300 mila euro. «Ora è pari a poco più di 900 mila euro – ha precisato –, di questi circa 300 mila derivano da perdite nella gestione dell’ente accumulatesi dal 2005 in poi; ulteriori 300 mila sono stati prelevati dai fondi ministeriali per fare attività. I 300 mila di deficit che derivano dalle perdite di gestione dovrebbero venir ripianati dai soci o dalle istituzioni, ridando all’ente la possibilità di restituire i soldi prelevati dai fondi». E ancora: «Più o meno altri 300 mila euro – ha aggiunto Colavitti – risultano dalla differenza tra residui attivi e passivi di gestione che la Farnesina potrebbe autorizzare a reimpiegare in economie per le attività».
Una possibilità, quella della compensazione, sulla quale ha espresso delle perplessità il consigliere di Fi Michele Babuder, al quale fa eco il capogruppo forzista Piero Camber: «Secondo norme di contabilità pubblica – evidenzia – è impossible che le economie vengano riaccreditate. Se si vuole coprire buchi servono ulteriori stanziamenti». Un monito alla salvaguardia dei posti di lavoro è arrivato dai consiglieri Maria Teresa Bassa Poropat (Insieme per Trieste) e Giovanni Barbo (Pd). Perentorio l’intervento del consigliere Bruno Marini (Fi): «Non capisco il ritardo con il quale la Regione e la Prefettura si stiano muovendo in questa vicenda, è intollerabile, è un atteggiamento che rasenta l’omissione di controllo».
Sulla vicenda interviene anche il presidente della Fondazione Rustia Traine, Renzo de’ Vidovich: «La riunione in Comune ha confermato che la recente denuncia su una presunta malversazione dei fondi dell’Upt non esiste e quindi viene a cadere ogni ragione per commissariare l’ente». —
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