Università popolare l’Unione italiana vuole un posto nel nuovo cda
BUIE. È oramai da tempo che tra l’Unione Italiana (UI) e l’Università Popolare di Trieste non scorre buon sangue, dopo decenni di proficua collaborazione che aveva significato linfa vitale per gli Italiani rimasti in Istria, Quarnero e Dalmazia dopo le atrocità della Seconda Guerra mondiale. In quel periodo l’Ente morale triestino aveva fatto da mediatore tra Roma e la Comunità italiana, ruolo svolto con successo fino che il suo timone era nelle mani di Silvio Delbello.
Poi sono iniziati gli attriti tanto che l’Ui ha già avviato la procedura per svincolarsi dall’Upt e operare in piena autonomia e soggettività instaurando un rapporto diretto con il governo Italiano.. Il concetto è stato ribadito dal presidente dell’Ui Maurizio Tremul, all’Assemblea che si è tenuta a Buie. La sue parole hanno fatto riferimento al nuovo statuto dell’Upt che entrerà in vigore alla fine del suo commissariamento. Ebbene il documento non prevede alcun posto per i rappresentanti dell’Ui nel cda dell’Ente triestino. «Alla fine - afferma Tremul - l’Upt opera in funzione della Comunità italiana per cui è inaccettabile la nostra esclusione». E l’Assemblea ha votato la conclusione in cui appunto si chiede un posto nel cda ferma restando l’inizativa intesa a svincolare l’Ui dall’Upt. Nel suo intervento Tremul ha duramente condannato l’interpellanza parlamentare a Roma che prendendo spunto dai problemi sorti a Valle e a Zara, mette l’accento sul destino delle sedi comunitarie acquistate e ristrutturate con i fondi dall’Italia. In pratica con l’interpellanza si vorrebbe trasferire la proprietà delle sedi comunitarie alla rete consolare italiana per l’ipotetico pericolo di pignoramento in seguito a qualche irregolarità nella gestione finanziaria. «Ho già preso contatti con gli autori dell’interpellanza sicuramente informati male - spiega Tremul - ai quali va spiegato per filo e per segno come stanno veramente le cose».
Tremul ha quindi parlato di un’azione destabilizzante che mira a svuotare il ruolo e le competenze dell’Unione Italiana. —
P.R.
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