Università popolare di Trieste, bufera sulle “paghe”. La Regione: «C’è una legge che le vieta»
TRIESTE «Voglio vederci chiaro». All’assessore regionale alla Cultura Tiziana Gibelli non è andata giù la decisione dei componenti del Consiglio di amministrazione dell’Università popolare di Trieste di autoassegnarsi un’indennità fissa. Una spesa per le casse dell’ente da 4.500 euro al mese (da appurare se lorda o netta) spalmati tra presidente, vice presidente e due consiglieri.
Ma al di là dell’opportunità della misura, specie in un momento segnato dalla crisi legata al Covid oltre che dai bilanci dell’ente in rosso da anni al punto da imporre a fine 2018 il suo commissariamento, Gibelli si chiede se sia l’intervento stesso «sia legittimo, visto che una legge dello Stato non consente alcun compenso per consiglieri, presidenti di soggetti culturali e pubblici. Considero sbagliata quella norma, ma finché c’è la si deve rispettare». Per Gibelli l’Upt - che è un ente morale che vive di contributi pubblici ai quali si aggiungono le quote associative e il ricavato dei corsi, e che svolge anche attività culturale -, deve adeguarsi alla noma, «indipendentemente dal fatto che lo statuto o lo consenta o meno di introdurre indennità».
L’assessore fa riferimento al decreto legge 78 del 2010, secondo cui la partecipazione agli organi collegiali degli enti che ricevano contributi a carico delle finanze pubbliche è onorifica, ovvero gratuita. Una disposizione applicabile anche ai componenti del Cda di enti sia pubblici che privati che ricevano fondi pubblici.
Sul caso interviene anche il M5A. Nell’anticipare che cercherà di avere chiarezza sulla questione anche interrogando l’assessore competente, il consigliere regionale Andrea Ussai si chiede se «visto che lo statuto indica che il Cda può adottare una simile decisione previe intese con gli Enti istituzionali di riferimento, Regione e Ministeri competenti siano stati interpellati e si abbiano quindi avvallato la scelta». Ussai ricorda che «Upt è appena uscita da una gestione commissariale; sarebbe bene capire quale sia la situazione attuale, quale il consuntivo di esercizio dell’ ente e quello di previsione. Il presidente Fatovic – aggiunge – giustifica l’indennità facendo riferimento ad un lavoro a tempo pieno, ma mi risulta che tutti i componenti del Cda abbiano già un’occupazione che li impegna per gran parte della giornata: poteva trovare giustificazione un gettone di presenza, ma certamente non un’indennità fissa».
Perplesso anche il primo cittadino Roberto Dipiazza. «Mi limito a constatare – commenta – che per la carica di sindaco io percepisco 2.777 euro al mese, senza benefit, con importanti responsabilità, 40 atti da firmare ogni mattina e un impegno non indifferente. Lascio a voi trarre le conclusioni».
Esterrefatto anche il consigliere comunale di Fi Bruno Marini, da sempre attento alle questioni legate all’Upt: «La trovo una decisione inopportuna: vista la situazione contingente e delle casse della stessa Upt, - valuta – poteva passare il gettone di presenza, ma addirittura un’indennità fissa è veramente troppo». Per Marini non sta in piedi neppure la giustificazione del presidente che parla di continuità di spesa con la gestione commissariale. «Una cosa è il compito svolto per un periodo determinato dai commissari, – spiega – altro è un Cda e forse, oggi, si capisce del perché il Comune di Trieste sia stato escluso dal Cda: il rappresentante del Comune si sarebbe certamente opposto ad una simile decisione». —
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