Università di Trieste, una donna in corsa per la successione del rettore Fermeglia
TRIESTE. L’Università di Trieste sconta, come in media tutti gli atenei italiani, un divario di genere decisamente importante. Nei suoi 142 anni di vita, prima come Scuola superiore di commercio poi come Regia Università degli Studi economici e commerciali e quindi come Università degli Studi, ha avuto 27 rettori, tutti rigorosamente maschi. Ma la situazione potrebbe cambiare con le prossime elezioni, in programma a maggio. In corsa per raccogliere il testimone di Maurizio Fermeglia c’è infatti anche una donna: Donata Vianelli, delegata del rettore per l’Orientamento degli studenti e il Job Placement, pronta a sfidare l’altro candidato di cui inizia a circolare il nome, Roberto Di Lenarda, direttore del Dipartimento universitario clinico di Scienze mediche, chirurgiche e della salute.
I nomi, va detto, non sono ancora ufficiali, perché il periodo di candidatura deve ancora aprirsi. Le rose dei papabili, quindi, si conosceranno solo alla fine di febbraio. Ma, interpellati a proposito, i due confermano di avere reso nota l’intenzione di candidarsi alla successione di Fermeglia: «Nell’ultima riunione del Senato accademico ho pubblicamente e in trasparenza comunicato la mia disponibilità alla candidatura», sottolinea Di Lenarda. E anche Vianelli si dice pronta alla sfida.
Una candidatura al femminile è una rarità per l’ateneo giuliano, perché le donne che hanno tentato quest’impresa sono state quattro nell’intero arco della sua storia ultracentenaria. Ma i tempi sono maturi per un rettorato in rosa? Confindustria Venezia Giulia preferisce non sbilanciarsi: «Ci auguriamo che il futuro rettore prosegua il percorso per una sempre maggior integrazione tra il mondo accademico e quello imprenditoriale. A nostro avviso chiunque governi un’Università dovrebbe prestare attenzione ai bisogni di formazione richiesti dal settore industriale», dice il presidente Sergio Razeto. Le principali associazioni al femminile del territorio invece appoggiano con forza l’idea di una “rettora”: «Tanto l’Aidda Fvg (Associazione imprenditrici e donne dirigenti d’azienda) quanto l’Ande Trieste (Associazione nazionale donne elettrici) auspicano un rettorato in rosa e sono pronte a sostenere la corsa di Donata Vianelli», fa sapere Etta Carignani, presidente di Ande Trieste e presidente nazionale onoraria Aidda. «La mia posizione - dichiara invece l’ uscente Fermeglia - è assolutamente equidistante da qualunque candidato, purché possa fare il bene dell’ateneo».
L’Università è impegnata da anni su più fronti per la riduzione del gender gap: con un Comitato Unico di Garanzia (Cug) per le pari opportunità, ma anche con numerose iniziative per stimolare la partecipazione femminile nelle aree in cui storicamente è più carente, come l’Ingegneria, soprattutto meccanica, elettronica e informatica, e la Fisica. Dall’ultima relazione stilata dal Cug, che è stato istituito proprio in epoca Fermeglia, risulta chiaramente come a Trieste lo squilibrio di genere assuma un carattere piramidale: le laureate sono il 58,61% a fronte del 41,39% di laureati. I dottorandi sono per il 50% donne e per l’altra metà uomini, e sono le donne ad accaparrarsi anche la maggior parte degli assegni di ricerca (56,11% a fronte del 43,89% maschile). Ma a mano a mano che la carriera accademica progredisce il calo della presenza femminile è lampante: tra i ricercatori le donne scendono al 45,3%, per ridursi ancora tra i professori associati, al 29,14%, e toccare i minimi tra gli ordinari, al 21% contro una presenza maschile al 79%. Il quadro dell’ateneo giuliano rispecchia i dati nazionali, in cui le donne sono il 58% dei laureati, il 52% dei dottori di ricerca, il 36% dei professori associati e solo il 23% degli ordinari. «I numeri non ci danno ancora ragione, perché si tratta di un processo molto lungo, ma in questi anni abbiamo lavorato molto sull’equilibrio di genere - conclude Fermeglia -. E lo dimostra il fatto che oggi i direttori di Dipartimento sono per il 50 per cento donne».
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