Università di Trieste a dieta: 3,5 milioni in meno
Mentre i 10 dipartimenti universitari (e uno in particolare) si stanno quasi dilaniando per far quadrare i corsi di studio del 2014 e anni seguenti con il numero minimo di docenti necessari, che molto spesso già manca e in prospettiva sarà falcidiato da pensionamenti senza “turn over”, il quadro economico per l’ateneo triestino è quest’anno più nero e incerto di sempre. Il ministero ha appena reso nota la quota base di finanziamento ordinario, che è di ulteriori 3,5 milioni inferiore a quello del 2012 e per la prima volta scende sotto gli 80 milioni, a 77.
Per la ulteriore quota cosiddetta “premiale” secondo valutazione di precisi parametri di attività, non solo i soldi non sono stati assegnati, ma stanno appena cambiando gli stessi parametri, i rettori italiani sono convocati la prossima settimana dal ministro Maria Chiara Carrozza per saperne di più. «E in questa situazione - commenta il rettore Maurizio Fermeglia -, con il finanziamento 2013 che arriva e nemmeno intero praticamente a dicembre, noi siamo per legge obbligati a scrivere un bilancio preventivo del 2014 appunto entro dicembre. Ma su quale base? È impossibile. Il consuntivo 2013 non potremo averlo prima del gennaio 2014. Il ministro aveva detto di aver cambiato la tendenza e destinato nuove risorse all’università, ma devono essere un’illusione ottica, perché io non le vedo».
Da anni le università sono così a dieta da dover combattere per sopravvivere, ma il confronto delle cifre sta diventando una fotografia implacabile. Quando non c’era il doppio finanziamento (ordinario e per premio), né erano entrati in vigore i “tagli lineari” del ministero dell’Economia retto da Tremonti che continuano ancora adesso a produrre i loro effetti con -3% all’anno di fondi, l’ateneo triestino riceveva oltre 100 milioni di euro all’anno (107 nel 2008, 106 nel 2009).
Dal 2010 è scattata la diversificazione progressiva, con il calo della quota fissa compensata (per le università che si dimostrano migliori secondo i criteri dati) dal premio ottenuto. Così nel 2010 Trieste ha avuto 84 milioni di “fisso”, e si è guadagnata 11 milioni aggiuntivi (totale 95), l’anno dopo ne ha avuti 83 e ne ha presi 12 (stesso totale). Nel 2012 la quota base è scesa a 80,5 milioni e i buoni risultati hanno portato in cassa ulteriori 13,2 (93,7 in tutto). E per il 2013? I 77 sono la cifra più bassa della storia, e nella casella accanto c’è un punto di domanda totale.
«Se per ipotesi i fondi “premiali” dovessero calare, poiché non sappiamo nemmeno ancora su quale base saremo misurati dal ministero se appena stanno cambiando i criteri - prosegue Fermeglia - non so come potremo gestire, perché intanto li abbiamo già spesi. Venendo questi a mancare, ci mancherà la possibilità di fare investimenti, specie nella ricerca».
Ma non finisce qui con le cifre in calo. Ci sono altre voci variabili di finanziamento. Distribuite, secondo decisione mutevole del ministero, o per ricercatori, o a scopo perequativo, o ad altre missioni. E anche questa lista piange. Nel 2010 Trieste aveva avuto 7,5 milioni. Erano scesi a 2,3 l’anno seguente. A 2 milioni nel 2012. E per il 2013 si sono fermati a 1,7 milioni.
Per capire la portata dello sconcerto, i cosiddetti “fondi premiali” sarebbero dovuti arrivare «10 mesi fa». Su un finanziamento totale di circa 5 miliardi per tutti gli atenei, si tratta di distribuire 819 milioni (più altri 91 di perequazioni varie), dunque 910. Anche al migliore dei migliori non arriverà, quando arriverà, che poco.
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