Università, concorsi bloccati fino al 2011
Con la legge Gelmini ufficializzato lo stop alle assunzioni. Peroni: fermato lo sviluppo
Il miracolo nel quale qualcuno ancora sperava per scongiurare la temuta paralisi del sistema universitario cittadino alla fine non è arrivato. La riforma Gelmini, che impone lo stop alle assunzioni per gli atenei classificati come «spendaccioni», è stata infatti approvata dalla Camera e convertita definitivamente in legge. Trieste, che al pari di altre sei Università italiane destina più del 90% del Fondo di Finanziamento ordinario al pagamento degli stipendi, non potrà quindi più bandire concorsi per docenti, ricercatori e personale amministrativo.
Un colpo basso temuto da studenti e ricercatori, che proprio in queste ore stanno pensando di far ripartire il movimento dell’”Onda”, oltre che dagli stessi organi accademici. Questi ultimi costretti ora ad imbracciare una corsa contro il tempo per tentare di riequilibrare i costi del personale e limitare così i danni della riforma.
«L’obiettivo strategico - spiega il rettore Francesco Peroni - è ritornare al più presto sotto la soglia del 90% (attualmente per pagare gli stipendi se ne va il 95,2 % del Fondo ministeriale ndr) e correggere una situazione che, di fatto, impedisce di programmare qualsiasi tipo di sviluppo. I margini di manovra in questo ambito, tuttavia, sono estremamente limitati perché, come noto, nel nostro sistema l’andamento della spesa stipendiale è parametrato tabellarmente anche nella crescita annuale. Non possiamo di certo ritoccare all’ingiù le paghe dei dipendenti, vincolate e previste dai contratti nazionali di lavoro. L’unico strumento a nostra disposizione quindi - continua Peroni - è il ricorso alle quiescenze anticipate per i docenti che raggiungono i 40 anni di contributi. Percorrendo questa strada contiamo di riuscire a scendere sotto la soglia del 90% tra la fine del 2010 e l’inizio del 2011».
Ben che vada, quindi, il blocco delle assunzioni all’Università di Trieste resterà in vigore almeno per un paio d’anni. Lo stop, fortunatamente, non interesserà però i ricercatori individuati per concorso prima dell’entrata in vigore della riforma, «Il testo con cui è stato convertito in legge il decreto Gelmini ha infatti confermato la nostra interpretazione - spiega ancora il rettore -. Quella secondo cui gli effetti della riforma non si applicano al contingente ”straordinario” di assegnazione ministeriale derivante dalla Finanziaria Prodi del 2007. Uno strumento che ci aveva permesso di pianificare, nei mesi scorsi, l’assunzione di 13 persone. Persone che, fino all’ultimo, hanno temuto di ricadere nel blocco disposto dal decreto Gelmini e che ora, invece, sanno di poter entrare definitivamente in organico».
Fin qui le conferme. Ma il testo approvato dalla Camera l’altro giorno ha introdotto una novità destinata a creare più di qualche malumore all’interno del mondo accademico. L’articolo 3 ter prevede infatti un sistema di valutazione del singolo docente di cui non si era mai fatta menzione prima, A chi non firmerà pubblicazioni scientifiche verrà ridotto della metà lo scatto retributivo biennale e negata la possibilità di entrare a far parte delle commissioni di concorso. Un provvedimento, quindi, destinato va a colpire i singoli docenti sia sul piano economico sia su quello dell’influenza accademica.
Nel complesso il giudizio sulla legge espresso dalla comunità universitaria triestina resta drasticamente negativo. «La riforma Gelmini non ha compensato i tagli al sistema universitario inferti dalla manovra Tremonti - conclude il rettore -. È solo una mediocre operazione normativa che non affronta i problemi seri e profondi degli atenei e, mene che meno li risolve. Una pagina incolore nella storia parlamentare italiana, che si inserisce in un panorama politico allarmante».
Parole dure condivise anche da studenti e ricercatori. Gli stessi che, nei mesi scorsi, erano scesi in piazza dando vita ad una protesta rumorosa, ma responsabile, per difendere diritto allo studio e qualità dell’insegnamento pubblico. «Richieste evidentemente disattese - commentano alcuni componenti del coordinamento 133, ”regista” delle ultime manifestazioni -. Il testo approvato alla Camera dimostra ancora una volta come governo e maggioranza non abbiano assolutamente a cuore il futuro dell’Università italiana. Noi comunque la voglia di resistere non l’abbiamo assolutamente persa. Stiamo quindi riorganizzando le forze per far sentire di nuovo la nostra voce. Proprio come accaduto ieri a Roma e Venezia, insomma, l’Onda potrebbe tornare ad esondare anche a Trieste».
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