Unioni civili, gli sposi restituiscono il Tricolore

Singolare protesta di due coniugi contro l’amministrazione: «La sala matrimoni deve essere per tutti»
BRUNI TRIESTE 16 09 06 NEOZELANDESE SI SPOSA A TRIESTE
BRUNI TRIESTE 16 09 06 NEOZELANDESE SI SPOSA A TRIESTE

È la prima protesta eterosessuale a favore le unioni civili contro la discriminazione messa in atto dal Comune di Trieste. «In segno di protesta per le decisioni assunte dall'amministrazione comunale di Trieste in merito al divieto di utilizzo della sala matrimoni anche per la celebrazione delle unioni civili, abbiamo deciso di restituire al Comune il testo della Costituzione e il Tricolore che recentemente ci sono stati consegnati in occasione della celebrazione del nostro matrimonio». Laura Fragiacomo e Luciano Trani si sono uniti in matrimonio sabato 6 agosto proprio nella saletta di piazza Unità. E hanno subito deciso di “divorziare” dalla Costituzione e dalla bandiere italiana.

La loro protesta è spiegata in una lettera del 17 agosto inviata al sindaco Roberto Dipiazza e per conoscenza all’Arci Gay e alla redazione del Piccolo. «Il giorno 6 agosto 2016 abbiamo celebrato il nostro matrimonio nella sala matrimoni sita in piazza Unità 4. Alcuni giorni dopo - si legge ancora nel testo - abbiamo appreso dai mezzi di stampa che codesta spettabile amministrazione ha inteso negare l'utilizzo di detta sala per la celebrazione dell'unione civile di due concittadini che, come i sottoscritti, hanno manifestato l'intenzione di unirsi in una “formazione sociale” che la norma, approvata di recente dal nostro Parlamento, ha assimilato, dal punto di vista della dignità sociale, all'unione tra persone di sesso diverso» scrivono gli neosposi Laura e Luciano. «Crediamo che la dignità sia uno dei capisaldi della nostra Carta e ci rifiutiamo di accettarla in dono da un'amministrazione che nega l'uso della sala in questione, che di quella dignità costituisce un simbolo - spiegano i due coniugi - . Non comprendiamo a chi possa recare danno l'adibire quella sala anche alla celebrazione delle unioni civili, nel mentre il consentirne l'uso non avrebbe nuociuto ad alcuno; il rifiuto a noi appare ridurre il garbo, l'attenzione e il rispetto verso alcuni cittadini e francamente da un'amministrazione che si professa liberale ci si sarebbe aspettato un gesto di ben altro tenore. Con rammarico, quindi, restituiamo quanto ci è stato consegnato con l'augurio che in tema di celebrazione delle unioni civili questa Amministrazione possa rivedere le proprie decisioni». In fondo basterebbe fare quello che ha fatto il comune di Milano dove “la sala matrimoni” di Palazzo Reale è diventata semplicemente “la sala dei matrimoni e delle unioni civili”. (fa.do.)

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