Unicredit, accordo sul piano di riassetto: in Fvg fino a 150 tagli

In Italia 2700 esuberi. Uscite compensate da nuovi ingressi. Al via prepensionamenti e Fondo di solidarietà
L’Unicredit Tower a Milano
L’Unicredit Tower a Milano

TRIESTE Il capitombolo registrato nelle ultime settimane dai listini azionari (ieri il Ftse Mib ha chiuso in calo del 4,69%) rischia di provocare una nuova emorragia di lavoro tra i bancari. Perché gli istituti di credito sono l'epicentro della crisi e, se la situazione non cambierà a breve, rischiano di dover progettare nuovi piani di ristrutturazione. Proprio mentre stanno per entrare nel vivo i progetti decisi nei mesi scorsi.

Se per quanto riguarda il gruppo Intesa SanPaolo procede l'accorpamento dei marchi, che potrebbe riguardare anche la Cassa di Risparmio Fvg, ma con la garanzia della capogruppo a non mettere mano agli organici, le fuoriuscite sono inevitabili per Unicredit.

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Una sede Unicredit

Il gruppo di piazza Gae Aulenti nei giorni scorsi ha firmato un accordo con le parti sindacali che prevede 2.700 esuberi in Italia attraverso l'accesso su basi volontarie al Fondo di Solidarietà di settore, per la durata di 36 mesi, con l'aggiunta di incentivazioni economiche (tre mesi e mezzo di stipendio).

Il provvedimento riguarda i dipendenti che matureranno i requisiti pensionistici nel periodo 2019-2021 e si va a sommare ai 2.400 dipendenti per i quali era già stata prevista l'uscita per pensionamento diretto in forza dell'accordo raggiunto due anni fa.

«Secondo le nostre stime, nel Friuli Venezia Giulia saranno interessati dal provvedimento tra 120 e 150 bancari», spiega il referente regionale della Fabi, Marcello Giambruno. Quindi dal 12 al 15% della forza lavoro presente nel territorio, con una maggiore incidenza nelle province di Udine e Pordenone rispetto a Gorizia e Trieste.

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«Si tratta di un accordo che ci ha soddisfatto pienamente e non possiamo escludere che, in linea con quanto già accaduto nel passato, arrivi un numero elevato di richieste», aggiunge il sindacalista. «Non dimentichiamo, poi, che a fronte delle uscite sono attesi anche nuovi ingressi di giovani».

Giambruno non si spinge per ora ad avanzare ipotesi sul possibile impatto della crisi che sta investendo i mercati finanziari nelle ultime settimane, ma ricorda che gli esuberi non si limitano solo ai gruppi più grandi. «Occorre seguire con attenzione anche la situazione delle istituti di medie dimensioni, nonché delle banche locali, anche alla luce dell'aggregazione attesa nei mesi a venire».

Quanto alle realtà del territorio, per il rappresentante della Fabi «per fortuna non giungono notizie preoccupanti dalla Popolare di Cividale, ma la situazione è in divenire. Con un numero sempre maggiore di clienti che accede all'internet banking e la progressiva digitalizzazione dei servizi, le certezze di oggi potrebbero vacillare in futuro».

Mentre non sono attese ricadute occupazionali dal versante Mediocredito. «Dalla dirigenza non è arrivata alcuna comunicazione in merito al partner da tempo ricercato, ma al momento non abbiamo elementi per temere un impatto occupazionale a causa dello stallo», conclude il sindacalista.

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