Ungheria al voto, Orban pregusta il bis
BUDAPEST. È ormai passato il tempo dei grandi raduni politici delle scorse settimane, delle decine di migliaia in piazza pro o contro il governo, i giochi sembrano fatti. E la vigilia del gran giorno, quello in cui l’Ungheria si riconsegnerà nelle mani del premier Orban, è un sabato di quiete.
Al mattino, pochi viaggiatori e nessun pendolare sulle banchine della Keleti palyaudvar, la maestosa “Ostbahnhof” costruita nel 1884 per far confluire nella metropoli i treni dalla periferia dell’impero. Scarsi anche i passanti sulla prospettiva del viale Rakoczi e i “jogger” sul lungo-Danubio. Pochi, fra i cittadini scesi col passare delle ore nei caffè a godersi il week-end, quelli che poi vogliono parlare di elezioni e di politica. Si ritraggono, «è una cosa privata».
C’è un’atmosfera strana e fin troppo distesa, a Budapest, alla vigilia del voto parlamentare per scegliere il nuovo Parlamento dopo quattro anni di dominio incontrastato della Fidesz del primo ministro in carica, Viktor Orban. Ma la sorpresa dura poco. Dura il tempo dello sfogliare le pagine dei maggiori quotidiani magiari, buttando un’occhiata agli ultimi sondaggi. L’Ungheria, se le rilevazioni hanno ragione, ha già scelto e per questo è tranquilla. O rassegnata. Ha già deciso per la Fidesz di Orban, che in alleanza con i cristiano-democratici è quotata di un 45-50% fra gli elettori che hanno già scelto su chi mettere la croce, il doppio della variegata compagine di centrosinistra, Osszefogas (Unità), monopolizzata dai socialisti. A breve distanza, l’ultradestra di Jobbik.
Ma i numeri dei sondaggi, hanno ricordato vari analisti e politologi, vanno sempre presi con le molle. Di certo, Orban e i suoi uomini vinceranno. Unica incognita, se saranno premiati al punto da riuscire a conquistare ancora una volta una super maggioranza dei due terzi in Parlamento. Perché premiati?Daniel, imprenditore 30enne appena sceso dalla bici, pensa che sia merito degli «standard di vita, che sono cresciuti dal 2010 a oggi». «Forse non sarà tutto merito del governo, ma io sto meglio e tanta gente la vede come me». I dati macroeconomici sembrano certificare l’impressione. Dopo il rischio bancarotta del 2009, Budapest è tornata a crescere nel 2013 (+1,3%) e continuerà a farlo, a ritmo più sostenuto, nei prossimi anni. L’esecutivo ha rimesso in ordine i conti pubblici e anche la disoccupazione è segnalata in calo, «ma questo perché Fidesz bara sui numeri e il governo assume persone per lavori socialmente utili pagandole un niente», puntualizza però il giovane businessman.
«La crisi c’è anche qui, ma si lavora, si aprono locali e questo vuol dire che girano soldi, si iniziano lavori con fondi europei e li si portano a termine», conferma Jacopo Di Chio, milanese emigrato a Budapest, oggi co-titolare di un ristorante specializzato in pasta italiana. Ma non tutti sono entusiasti di Orban.
«La sua ricetta? Tagliare tasse e bollette, distribuire un po’ di soldi alle coppie che fanno figli, cambiare le leggi a proprio favore, il tutto senza aiutare l’economia», lo critica fuori dai denti Ildi, professoressa di inglese, avvertendo poi del rischio di un exploit degli «estremisti di Jobbik». Non c’è vera ripresa in Ungheria, assicura poi la donna, solo «populismo», quello per il quale Orban è stato così tanto criticato nel corso degli anni soprattutto all’estero. La Fidesz vincerà «perché ha creato un sistema che “premia” chi li vota», leggi una partitocrazia alla magiara, e perché «la gente qui è cinica, se ne frega della politica», le fa eco Istvan Gabor, studente di scienze cognitive. Hanno tutti in fondo un po’ di ragione, le Ildi e i Daniel di Budapest. Hanno ragione perché Orban, tra nazional-populismo, forse il futuro dell’Europa, e qualche misura efficace come il taglio delle bollette e uno sguardo sempre più rivolto verso Cina e Russia, ha messo nero su bianco una “ricetta” innovativa che, malgrado tutto, vince e convince gli ungheresi. Le conferme, con il voto odierno.
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