Una moschea per i musulmani di Trieste
«Vieni, vieni, chiunque tu sia, vieni». Questo verso di accoglienza adorna il mausoleo di uno dei più grandi poeti mistici dell’Islam, il persiano Jalaladdin Rumi. È con uno spirito affine che la comunità musulmana di Trieste si rivolge alla città: il mondo islamico locale è un mosaico di 27 nazionalità per 6mila fedeli ma condivide «un sogno». Quello di «un luogo di culto dignitoso, aperto, che dia lustro a tutta la città». La giunta, attraverso la vicesindaco Fabiana Martini, dichiara «massima disponibilità» nei confronti di questa aspirazione.
Un «centro islamico» Il presidente della comunità Saleh Igbaria alza le mani e spiega: «Per ora si tratta solo di un sogno. Non abbiamo progetti precisi né individuato le fonti di finanziamento». Ma la volontà di avere un luogo di culto c'è: «È un desiderio che abbiamo in quanto cittadini di Trieste, prima che come musulmani». Igbaria e l’imam Nader Akkad, seduto al suo fianco in un locale di piazza Garibaldi, delineano parlandone a lungo le aspirazioni della comunità di cui fanno parte. Tra queste c'è anche il «centro islamico», parola che preferiscono a «moschea»: «Parliamo di una struttura più complessa, che possa fungere anche da centro di aggregazione e biblioteca - precisa Igbaria -. Non è qualcosa che vogliamo per forza, ma soltanto quando ci saranno le condizioni». Quali sono le condizioni? «Trovare un luogo che vada bene alle istituzioni, alla cittadinanza, alla comunità. Oltre ai finanziamenti e a un progetto».
L’architettura Il pensiero corre naturalmente alla moschea di Fiume, una grande struttura costruita con fondi provenienti dalla penisola arabica. «Anche se a noi piacerebbe un edificio più sobrio e semplice», sottolinea il presidente. Spiega Nader Akkad: «Un centro realizzato in uno stile architettonico islamico andrebbe a completare il panorama delle fedi di Trieste, con le sue chiese di tutte le confessioni cristiane e la sua sinagoga». La posizione dovrebbe essere «non in periferia, per una questione di dignità».
Una comunità storica I rappresentanti della comunità islamica battono più volte il tasto dell'integrazione: «In questi tempi difficili la paura si diffonde facilmente - dicono -, ma noi siamo una comunità storica di Trieste, i musulmani sono qui fin dal XVIII secolo. Tanti di noi sono laureati, scienziati nei centri di ricerca». Ecco perché pensano al potenziale luogo di culto come «aperto a tutti, ispirato ai modelli del Nord Europa, dove le istituzioni hanno voce in capitolo nella gestione delle moschee. Vogliamo che i triestini autoctoni ne siano fieri». Non si tratterebbe di una novità per la città: dal 1840 nel cimitero musulmano c’è un piccolo edificio con una cupola a cipolla, in stile ottomano, che ai tempi dell'impero fungeva da moschea per i riti funebri.
La disponibilità del Comune La vicesindaco Fabiana Martini racconta che qualche passo in questo senso è già stato fatto: «Nei mesi scorsi la comunità ha presentato una richiesta per avere uno spazio o un immobile da sistemare - dice -. Ne abbiamo parlato con l'assessore al Patrimonio Andrea Dapretto e ci siamo incontrati». Sono seguiti anche due sopralluoghi, nelle ex officine Holt di via Gambini e nell'ex mensa della fabbrica macchine del Crda sopra Campi Elisi, in luoghi che però non rispondevano ai bisogni della comunità: «Da parte dell'amministrazione c'è la massima disponibilità a favorire il raggiungimento del loro obiettivo - dichiara Martini -. È giusto che una comunità di migliaia di persone abbia un luogo adeguato, ne siamo consapevoli». La comunità ha manifestato l'intenzione, dice la vicesindaco, di provvedere da sé al reperimento del finanziamento, oltre a ricorrere a manodopera locale per il cantiere: «Ci sembra un buon atteggiamento. Resta il fatto che vorrebbero un posto abbastanza centrale, e non è semplice individuare uno spazio abbastanza ampio che abbia tutte queste caratteristiche».
Il quadro nazionale La questione era stata sollevata dalla comunità anche qualche settimana fa in occasione dell'incontro con il viceministro degli Esteri Lapo Pistelli. In quell’occasione i musulmani triestini avevano sollecitato il governo a rimettere in moto le macchine per un’intesa fra Roma e la Comunità islamica italiana: «Purtroppo l’assenza di una legge nazionale costringe le comunità e gli enti locali e muoversi in ordine sparso, con il risultato che la maggior parte delle cosiddette “moschee” in Italia non sono altro che garage e stanze senza riscaldamento», dice Igbaria.
In questo senso Trieste, con la sua tradizione multiculturale, potrebbe diventare un laboratorio di avanguardia: «Per molti aspetti lo è già - spiegano -. Se potessimo avere un nostro luogo di culto potremmo diventare un esempio per tutto il Paese».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo