Una famiglia triestina: «Così siamo fuggiti di notte dall’incubo»
TRIESTE. «Era come stare in barca, ha iniziato a tremare tutto, i lampadari, le vetrinette, i mobili: abbiamo capito subito che era un terremoto e siamo scappati via». Alle 3.36 della notte scorsa, Giuseppe Morea, per tutti Pippo, giornalista triestino e titolare della Mittelcom srl, si trovava a circa 15 km dall'epicentro del terribile sisma che ha sconvolto il centro Italia. Assieme alla moglie e alle due figlie, il 37enne giornalista stava alloggiando all'interno di un agriturismo nel Maceratese. Una tappa prevista dopo le belle vacanze trascorse con la famiglia nel Salento. Purtroppo, però, l'ultima notte è stata di quelle che difficilmente si potranno scordare. «Io, mia moglie Monica e le mie due bambine stavamo dormendo nella nostra stanza, al piano di terra. Ad un certo punto, di soprassalto, i nostri letti hanno iniziato a tremare. Sono stati dieci secondi lunghissimi, infiniti, terribili».
La scena è da incubo: «Le vetrinette tremavano, il lampadario ondeggiava, le ante dei mobili si aprivano da sole, il pavimento ondeggiava. Pareva di essere su una barca, pur sapendo che sotto di noi c'era il cemento». In men che non si dica la coppia scappa dalla propria camera prendendo in braccio le due figlie e uscendo fuori dall'agriturismo. Assieme a loro una quindicina di ospiti, attoniti e sotto shock per l'accaduto. «Abbiamo capito subito che c'era stato un terremoto, e molto forte - prosegue Morea - ma ovviamente, appurato che tutti stavano bene e che la struttura non aveva subito danni essendo un edificio per fortuna moderno e come abbiamo scoperto poi antisismico, abbiamo iniziato a cercare notizie sulla localizzazione dell'epicentro». Grazie al wi-fi e al telefono cellulare iniziano ad arrivare le prime notizie. Inizialmente convulse. «Prima l'epicentro era stato localizzato a Perugia, poi a Rieti, poi a Pescara sul Tronto. Man mano l'epicentro si avvicinava a dove eravamo noi, e ovviamente la cosa ci ha messo ancora più agitazione», racconta Morea. Confrontandosi con gli altri ospiti è emerso che due turisti provenivano da l'Aquila.
Una terra che nell'aprile del 2009 pagò un caro dazio con oltre 300 vittime e 1600 feriti. «La coppia, un uomo e una donna di circa 40 anni, ha subito consigliato a tutti di prendere le proprie cose e recarci nelle rispettive case: abbiamo accettato il consiglio anche se inizialmente non eravamo certi di fare la cosa giusta», continua il giornalista triestino. Al momento del rientro nelle camere, ecco arrivare la seconda grande scossa, quella delle 4.20. «Neanche a farlo a posta la terra ha di nuovo tremato mentre eravamo in stanza, una scossa fortissima, di intensità minore rispetto alla prima, ma che ci ha fatto di nuovo passare dei secondi davvero bruttissimi con la terra che non ti permetteva in pratica di rimanere in piedi». La seconda scossa toglie ogni dubbio: Morea e famiglia decidono di abbandonare la struttura. Tempo dieci minuti per riempire l'autovettura, sistemare le bambine e prendersi un caffè, e i quattro sono in automobile, destinazione Trieste. Ma quale strada intraprendere? «Ci hanno sconsigliato di prendere la Salaria, essendo l'unica arteria percorribile dai mezzi di soccorso, così, una volta presa la strada per uscire dall'entroterra maceratese, abbiamo imboccato direttamente l'autostrada e in circa sette ore di viaggio siamo arrivati a casa».
La notizia dei disastri provocati dal sisma hanno ovviamente funestato il viaggio di ritorno e l'ultimissima parte delle vacanze. «Sui telefonini abbiamo iniziato a vedere le immagini e a leggere il numero delle vittime - conclude Morea - ovviamente la cosa ci ha sconvolto. Avremmo dovuto rimanere ancora una mattinata nell'agriturismo, ma dinanzi anche a queste notizie il bel clima che c'era prima di quella maledetta scossa delle 3.36 era oramai svanito».
Un ultimo curioso e allo stesso tempo incredibile dettaglio riguarda la figlia più piccola di Morea, di due anni e mezzo. «Durante la notte, mentre dormivamo, mi sono svegliato perché stava parlando. Stava dicendo "fuori, fuori". Non ci ho dato peso e mi sono riaddormentato. Poco dopo, non saprei dire quanto, c'è stata la prima scossa. Non so come né perché ma evidentemente mi viene da pensare che mia figlia più piccola avesse già sentito delle scosse precedenti a quella che poi ha distrutto la vita di decine di persone».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo