Una centrale a biomasse in progetto a Opicina
Cinquanta milioni di euro di investimenti, un centinaio di posti di lavoro, 36 megawatt di potenza, ma anche un impatto ambientale pesante per l’abitato di Opicina. Sono questi i tratti somatici della centrale termoelettrica alimentata a biomasse oleose che la società “Investimenti Industriali Triestini srl”, si ripromette di presentare a brevissima scadenza alle autorità e ai cittadini.
“IIt” è la sigla con cui la srl promotrice di questo progetto il 23 maggio ha avviato a Roma, dove ha la propria sede legale in viale Bruno Buozzi 83, le procedure di Via - valutazione di impatto ambientale. È il primo atto di una lunga sequenza di richieste e di interlocuzioni con i poteri centrali e locali per poter arrivare alla costruzione della centrale.
Secondo le mappe e le foto aeree pubblicate su una brochure realizzata da “Energy Saving & Profits srl” la centrale dovrebbe sorgere tra la caserma del Piemonte Cavalleria e lo scalo di Opicina Campagna. In dettaglio nell’area che fu delle Officine meccaniche e ferroviarie Laboranti che da tempo hanno ridotto e poi cessato la loro attività di riparazioni di carri e vagoni. Nella centrale troveranno posto due diesel a 18 cilindri a V della serie 46, realizzati nello stabilimento della Wärtsilä di san Dorligo della Valle.
Il primo contatto tra i vertici delle due società risale a un anno fa. Lo ricorda l’ingegner Sergio Razeto, direttore dello stabilimento e presidente di Confindustrisa Trieste. «Un imprenditore non locale è venuto a illustrarci l’iniziativa di Opicina. Si sono informati sulle caratteristiche dei nostri motori. Hanno detto che si sarebbero fatti vivi quando le procedure autorizzative sarebbero andate a buon fine. Non li abbiamo più visti...»
Nella brochure della centrale una pagina è dedicata alle caratteristiche tecniche dei motori che muoveranno gli alternatori. Viene citata la Wärtsilä e il suo modello C2 della serie a 16 cilindri a V con un diametro di ciascun pistone pari a 46 centimetri. Emergono anche altri dati. «È prevista la realizzazione di un ciclo combinato per il recupero del calore dei gas di scarico per migliorare il rendimento del processo. Come carburante sarà impiegata una biomassa liquida, derivata dalla spremitura di olio di palma, colza, girasole e jatropha, conforme alle specifiche dei Decreti legislativi 152/06 e 387/03».
Fin qui tutto chiaro. Va aggiunto che l’olio di palma necessario ad alimentare i diesel verrà prodotto in un’enorme azienda agricola - 10mila ettari - della Costa d’Avorio, collegata alla “Investimenti Industriali Trieste srl”. Il trasporto avverrà via mare e lo sbarco - sempre secondo la brochure - sarà effettuato nella zona dei Depositi costieri di San Sabba, a lato della Ferriera. Lì arrivano i binari della ferrovia che consentono ai vagoni cisterna di raggiungere l’ex stabilimento di Opicina della officine Laboranti. Dunque nessun trasporto su gomma. Tutto su ferro, a testimonianza che nell’iniziativa è coinvolta anche Rete Ferroviaria Italiana spa, controllata dalle Ferrovie dello Stato. Secondo i tecnici, il bio-carburante oggi non è molto conveniente sul piano strettamente economico. Certo il prezzo che l’Enel riconosce ai produttori di energia pulità potrebbe rendere competitivo il progetto. Non va dimenticato che in provincia di Gorizia una centrale a biogas ha di recente chiuso i battenti perché il proprietario non ritiene di dover operare in perdita. Un’altra centrale di cui era stato annunciato l’imminente avviamento è ancora ferma.
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