Una biologa triestina a tu per tu con i grandi squali

Sara Andreotti ha effettuato una ricerca durata quattro anni sul Dna dei grandi squali bianchi del Sudafrica. L'allarme sulla sopravvivenza della specie
Mike Rutzen effettua il prelievo di tessuto biologico
Mike Rutzen effettua il prelievo di tessuto biologico

TRIESTE Così, grandi, così antichi, così terribili feroci eppure così fragili. La popolazione dei grandi squali bianchi della costa sudafricana, ha livelli di diversità genetica talmente bassi da mettere a rischio la futura sopravvivenza della specie.

È questo uno dei risultati della più recente ricerca scientifica sugli squali bianchi e sul loro Dna, condotta dai ricercatori del gruppo di genetica evoluzionistica del Dipartimento di Botanica e Zoologia dell' Università di Stellenbosch in Sudafrica, di cui fa parte la biologa marina di Trieste Sara Andreotti. La giovane studiosa ha infatti raccolto per il proprio dottorato di ricerca in Sudafrica campioni di genetica in collaborazione col celebre conservazionista e esperto di squali bianchi Michael (Mike) Rutzen, titolare dello Shark Diving Unlimited. Il lavoro ha portato i due a navigare l'intera costa sudafricana per ben quattro anni, a volte passando oltre due mesi di seguito sulla barca di ricerca: un catamarano a vela di tredici metri. Grazie all'esperienza decennale di Mike sugli oceani sudafricani e sul comportamento degli squali, alla fine del progetto sono stati raccolti 302 campioni di genetica e oltre 5000 fotografie identificative dei grandi squali bianchi. I risultati di questo lavoro, ad oggi il più esteso mai condotto su questa specie, sono stati pubblicati nell'articolo scientifico: "New insights into the evolutionary history of white sharks, Carcharodon carcharias'” nel Journal of Biogeography.

«Il livello di diversità genetica degli squali bianchi in Sudafroca - spiega Sara Andreotti - è la più bassa mai osservata al mondo: abbiamo trovato solamente quattro gruppi di Dna mitocondriale (aplotipi) nella popolazione sudafricana e l’89% degli squali hanno esattamente la stessa sequenza genetica. Messo a confronto con altre specie marine la diversità genetica degli squali bianchi in Sudafrica è più bassa di quella del delfino del Mar Nero (Tursiops truncates), una specie considerata a rischio d'estinzione».

Il livello di diversità genetica è considerato un importante indice della resilienza di una popolazione. Più alto è il livello di diversità genetica, più è facile per la popolazione di una specie sopravvivere a malattie o cambiamenti inaspettati dell' ecosistema: tra una moltitudine di individui differenti, ci saranno sempre quelli che, grazie ai propri geni, riescono a sopravvivere e a riprodursi per formare la generazione successiva. «La storia cambia completamente - spiega Sara Andreotti - quando tutti gli individui hanno gli stessi geni e reagiscono allo stesso modo a cambiamenti climatici o altri fattori di rischio. La diversità genetica è quindi fondamentale per garantire la sopravvivenza di una specie e quando viene a mancare, il passo verso l'estinzione diventa molto breve».

«La ricerca - continua la giovane biologa triestina - ora sta proseguendo per cercare di capire le cause di questo preoccupante livello di diversità genetica: potrebbe essere il risultato di una diminuzione drastica del numero di animali o di eventi di estinzione e ricolonizzazione, risalenti al periodo delle glaciazioni». Al momento, avverte ancora Sara Andreotti, «la nostra prima preoccupazione è che non sappiamo gli effetti, potenzialmente negativi, che questi bassi livelli di diversità genetica avranno sulla popolazione di squali bianchi del Sud Africa». «È ovvio - conclude Sara Andreotti - che le misure di conservazione ad oggi messe in atto debbano cominciare a tener conto del basso livello di diversità genetica, o uno di questi giorni non avremo più nessuno squalo bianco da ammirare in queste acque».

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