Una "357 magnum" per il presidente Ballaman
Il presidente leghista del Consiglio regionale gira armato: "Me l'ha suggerito la Digos dopo l'assassinio dei miei amici Fortuyn e Van Gogh". Interrogazione della Sinistra Arcobaleno
TRIESTE
. Edouard Ballaman gira armato. La sua pistola è un revolver, modello «357 magnum», un’arma di dimensione medie, molto rumorosa, si usa di solito per intimidire. In aula la magnum non entra, «rimane custodita in un ripostiglio chiuso a chiave nel mio ufficio», spiega il presidente leghista. Ma perché il presidente del Consiglio regionale ha un’arma sotto la giacca? «Su consiglio della Digos».
SOTTO SCORTA
. Ballaman spiega infatti di possedere «con regolare porto d’armi» una pistola sin dal 2005, un anno dopo essere stato messo sotto scorta, il 6 maggio 2004. «Ero amico di due persone assassinate per questioni politiche – ricorda il presidente pordenonese –: il leader politico olandese Pim Fortuyn e il regista Theo Van Gogh, ucciso da un terrorista islamico. A seguito delle indagini da cui era emerso il mio nome, si è deciso di proteggermi nel periodo in cui ero parlamentare e per qualche mese ancora. Finito il periodo della scorta, fui indirizzato a mantenere comunque alcune misure di protezione».
L’INTERROGAZIONE.
Ballaman-armato spunta a seguito di un’interrogazione intitolato «Il presidente con la pistola» a firma di Roberto Antonaz. Il consigliere di Rifondazione ha ripescato il passaggio raccontato da un giornalista del Gazzettino in un articolo di qualche tempo fa: il presidente del Consiglio estrae una pistola, l’appoggia sul tavolo e si fa intervistare. «ella convinzione che l’episodio rappresenti una novità nel panorama politico regionale e nella impossibilità istituzionale di rivolgermi direttamente a lui – spiega Antonaz rivolto al presidente della Regione Renzo Tondo –, mi rivolgo a lei sicuro che comprenderà curiosità e aspettative».
ROMA ESTERA.
Il consigliere di Rifondazione ricorda pure che, nell’intervista, Ballaman dichiara che la città estera preferita è Roma. E chiede a Tondo se è a conoscenza «di quale sia il Paese al quale il presidente leghista si considera appartenente: la Padania, il Friuli, il Pordenonese, l’Azzanese o, decisamente più auspicabile, semplicemente cittadino del mondo, visto che considera Roma la capitale di un Paese estero». Ma il fatto più rilevante è evidentemente quello della pistola mostrata durante il faccia a faccia con il giornalista. Antonaz vuole sapere tutto. Innanzitutto se Ballaman abbia reso Tondo partecipe «di questa sua propensione all’uso delle armi da fuoco» e, nel caso, prosegue ironicamente il consigliere, se il presidente della Regione sia a conoscenza «del modello e del calibro del revolver» e «se preferisca la fondina alla vita o ascellare».
UNA LEGGE ANTI-ARMI.
Antonaz si rivolge ancora a Tondo: ha indagato quando e dove Ballaman gira armato? È invidioso e sta pensando pure lui di dotarsi di qualche arma per non sfigurare nel confronto? Ha notizia di altri consiglieri con pistole varie? Non ritiene opportuno «predisporre una legge che impedisca l’accesso al Consiglio e nelle altre strutture della Regione ai consiglieri, funzionari o altre persone armate e prevedere l’istituzione di “ronde consiliari per la sicurezza” che facciano rispettare la legalità, disarmando i consiglieri armati di pistola o altra arma da fuoco»?
PORTO D’ARMI.
Ironia cui Ballaman risponde con le stesse... armi. «Quella su Roma era una battuta. Ma se uno ci mette mesi per scovare un’intervista non così recente, avrà bisogno di un po’ di tempo per capirla». Nel merito il presidente del Consiglio spiega di avere «regolare porto d’armi», «di averlo rinnovato regolarmente ogni anno» e «di non aver mai usato l’arma da fuoco se non nelle necessarie esercitazioni». E in Consiglio? «In aula non sono mai entrato armato, la pistola resta nel ripostiglio. Non l’ho fortunatamente mai utilizzata per attaccare qualcuno e nemmeno solo per intimidire e mi offende che qualcuno possa aver pensato il contrario. Antonaz avrebbe potuto semplicemente telefonarmi».
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