Un profumo e un coltello per legare per sempre la mia sirena al Canale

Si conclude "La terra vista dall'acqua", il racconto di Federica Manzon scritto sulla base delle immagini inviate dai nostri lettori
Una delle immagini inviate dalla lettrice Eva Hrabovska
Una delle immagini inviate dalla lettrice Eva Hrabovska

«Basta che tu faccia attenzione alle notti luminose» mi disse infine Robi, il barista. Forse si era stufato di vedermi al tavolino con una faccia che di sicuro non attirava clienti. Forse iniziava a credere alla mia improbabile favola d'amore.
Fidandomi di lui - d'altra parte cos'altro potevo fare? - studiai il calendario e individuai la notte di luna piena. L'avrei aspettata sul molo, dove l'avevo inseguita il giorno in cui era scomparsa. Mi sarei seduto sulla bitta mezzo arrugginita, quella che sta davanti alla vecchia barca, un relitto della capitaneria di porto, e avrei atteso.
Così mi preparai. Scelsi un vestito elegante, mi tagliai i capelli e la barba. Indossai perfino quel cappello che le piaceva tanto. Nel pomeriggio scesi in piazza Sant'Antonio, deciso a scovare un regalo adatto per accoglierla. Entrai e uscii da diversi negozi, senza sapermi decidere. Cosa si regala a una sirena? Non ricordavo che mio padre fosse mai arrivato con doni per mia madre. Solo quando stavo per desistere, notai l'insegna di Jean Marie, il profumiere. Spiai all'interno dalla vetrina fumé: c'erano due donne, amiche o sorelle, porgevano i polsi nudi e Jean Marie vi faceva scivolare sopra il naso aguzzo. Come un mago che prepara il pubblico all'incanto. Quando alzai gli occhi i nostri sguardi si incrociarono e io mi allontanai. Sarei entrato solo quando il negozio fosse rimasto deserto, ma c'era sempre un via vai di donne pronte a farsi annusare. Solo quando stava per chiudere mi feci coraggio ed entrai.

Jean Marie mi rivolse un sorriso professionale: «Come posso esserle utile?».
«Mi serve un profumo» spifferai con il cuore in gola. Sarebbe davvero tornata quella notte?
«Direi che è nel posto giusto. Che tipo di profumo cerca?».
«Non lo so».
«È per una donna giusto?».
«Beh, sì...».
«Una donna che non vede da molto tempo».
«Lei come lo sa?» biascicai attonito.
«Ah, ah» scoppiò a ridere. «Si sanno molte cose qui dentro».
«Sì, probabilmente... Ecco, io...» non sapevo cosa dire.
«Me la descriva».

Un racconto da immaginare per Il Piccolo
La scrittrice Federica Manzon

Provai a fare del mio meglio, dicendo il colore turchino degli occhi, la consistenza della pelle, i capelli sottili. Poi, non sapendo più cosa dire e sentendomi ridicolo, presi una boccetta a caso: talco e fiore di magnolia. «Una cosa così potrebbe andare?».
«Metta subito giù quella boccetta» mi intimò. «Lei ha descritto una creatura delicata e azzurra, marina oserei dire. Sicuramente non di questa terra. La sua precisione era sospetta, ma lo lasciai continuare. «Una creatura libera e sfuggente. Con caviglie esili e polsi fragili...» si fermò, rapito dalla sua stessa ispirazione.
«La conosce? L'ha mai vista?».
«Io? Ma cosa dice. Come potrei averla vista» si precipitò a rassicurarmi. «Venga, credo di avere qualcosa che fa al caso suo».
Mi fece strada nel retro del negozio, fino alle mensole invase di boccette. Ne prese una con sicurezza. «Mi dia il polso» e fece cadere qualche goccia. Mi salì alla testa all'istante: un calore acceso, incenso e pepe nero, legno di cedro e iris.
«È il fuoco. Vedrà, la porterà a terra e la legherà qui per sempre» disse sibillino, o forse immaginai questa frase. Lo comprai senza esitare.
Quella notte la luna illuminava il mare e io attesi per ore. Mi addormentai, forse solo per qualche istante, in ogni caso non la sentii arrivare. Me la trovai di fronte aprendo gli occhi, ed era ancora notte. Le sue mani erano gelide sulle mie, gli occhi mi sorridevano.
«Sei tornata?» balbettai come uno stupido. «Tu... ma dove...? Stai bene?».
«Ssshhh» fece segno, e senza mollare la mia mano mi condusse indietro nella terra ferma. Fino a quella piazza che era stato il suo rifugio nei primi tempi della nostra relazione. E poi nella casa, al primo piano del quarto palazzo a salire dal mare. Chiuse la porta e la sua bocca era già sulla mia, lei ovunque.
«Aspetta, ho una cosa per te» dissi, ricordandomi della pozione magica. Lei lo prese, la mia sirena, e se lo mise sul collo, sui polsi, dietro le orecchie. Respirammo insieme a pieni polmoni e lei si abbandonò. Era bollente come il fuoco. Mi riempì il naso e la testa. Non era un profumo adatto a creature terrestri, ma io lo respirai e persi la testa.

Uno scorcio del Salone degli Incanti visto dal mare nello "scatto" di Eva Hrabovska
Uno scorcio del Salone degli Incanti visto dal mare nello "scatto" di Eva Hrabovska

Dunque lei aveva una casa sul canale, l'aveva sempre avuta? Chi ci portava? Robi o il musicista? Jean Marie sembrava conoscerla... Era tornata in questi mesi senza dirmi niente? Una puttana, dissi stringendola ancora più forte e lei rovesciò la testa in una scossa di piacere. Mostrò le gola esposta. Non pensai. Respiravo e ansimavo. Una puttana. Il coltello, quella stupida lametta da bambini che mia madre mi aveva insegnato a portare con me per difendermi, scattò in un lampo. La sua gola così fragile. La lama entrò senza sforzo e il sangue schizzò fuori. Un odore di ruggine mi arrivò alle labbra, il sangue sulle sue mani bianche. Come se mi avessero svegliato improvvisamente mi resi di colpo conto di tutto. Cosa avevo fatto? Scappai, con il vestito insanguinato e il cuore che batteva sul punto di spezzarsi.

La mia sirena al bar che beve Prosecco e custodisce i segreti

E ora eccomi, inchiodato su questa barchetta a spiare le finestre dove lei ancora respira attaccata a qualche sensore medico. Ma per quanto? Non dovrei forse sperare che muoia così da avere salva la vita? Se dovesse sopravvivere... Prego Dio ogni notte perché sopravviva. I medici continuano a farle visita, ne vedo le ombre. Ma è ancora in coma.
Tuttavia ho deciso. È per via di un sogno che ho fatto stanotte. Ho sognato una bussola, bianca e d'oro, di quegli strumenti di precisione che si trovano sulle navi. Mi indicava la rotta. Io credo nei sogni, come credo nelle fantasie e nelle sirene. Per questo ora sto mollando gli ormeggi, approfitto della bassa marea ed esco dal canale. Non ho salutato né Robi né il musicista ormai perso dietro la sua modella. Non ho mai visto Jean Marie fuori dal negozio. Ho buttato a mare il binocolo, dopo aver lanciato un ultimo sguardo alla finestra.
Veleggio seguendo la costa verso ovest e poi scenderò a sud. Sfilo davanti alla passeggiata di Barcola: la Pineta, le terrazze dei Topolini, i ragazzini che prendono la rincorsa e si tuffano, un vecchio su una panchina, due ombre che guardano il mare. Potevamo essere io e lei, a passeggiare così come i terrestri. Ma non era questo il destino che era stato scritto per noi. Guardo sottocoperta la scatola con le lettere, ci sono anche le sue. Avrò tutto il tempo di leggerle.
(5 - Fine. Le altre puntate sono state pubblicate il 27 luglio, il 3,10,17 agosto)
 

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