Un primo finto suicidio il punto di partenza
Tutto nasce il 28 aprile 2005 in una villetta di Monfalcone. Il corpo di Alessandro Lisini venne ritrovato impiccato con le gambe piegate e i piedi appoggiati sulla sottostante fioriera. «La vittima - si legge nella memoria degli avvocato Luciano Sampietro e Giovanni Di Lullo - , inoltre presentava una vasta ferita al capo, attraverso la quale si poteva intravvedere la scatola cranica. A terra, dal corpo di dipartivano numerose gocce di sangue lungo il percorso che portava all'interno dell'appartamento occupato da Lisini e anche all'interno dello stesso: anche l'interruttore della luce appariva imbrattato di sangue».
Continua la ricostruzione: «Gli inquirenti constatarono che la ferita era stata probabilmente prodotta dall'urto contro la pietra della fioriera e supposero che Lisini avesse fatto un primo tentativo di impiccarsi, nel corso del quale sarebbe caduto sbattendo la testa, per poi ritentare e riuscire nell'intento».
Si legge ancora: «Gli inquirenti non spiegarono però il motivo della presenza di gocce di sangue lungo il percorso, e invece per il sangue presente nell'appartamento ritennero, senza svolgere alcun esame o accertamento, che lo stesso provenisse dalla femmina di cane Dobermann presente nell'appartamento (e rinchiuso in uno sgabuzzino, probabilmente in periodo di calore».
Secondo le nuove ipotesi investigative «gli assassini avevano atteso il momento propizio ed aggredito Alessandro facendogli poi sbattere la testa violentemente contro la fioriera.Stavano appendendo Alessandro, privo di sensi, alla ringhiera, quando sentirono aprirsi il cancelletto d'ingresso e a quel punto presero la vittima e rapidamente lo portarono nel suo stesso appartamento, non senza aver prima rotto la lampadina, in modo da non essere visti da chi stava sopraggiungendo».
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