Un piano triennale per cancellare le nutrie dal Fvg

TRIESTE. È nel 1929, l’anno della grande depressione, che gli italiani iniziano a conoscere la nutria (o castorino). Il roditore arrivava dal Sud America e una quarantina di anni dopo sarebbe pure stato diffusamente allevato per la produzione di pellicce. In regione la presenza è segnalata dagli anni Novanta e oggi, secondo una stima dell’Università di Udine, si contano 70mila esemplari.
Decisamente troppi visti i danni all’agricoltura e la minaccia alla sicurezza idrogeologica del territorio: le nutrie preferiscono l’ambiente acquatico e sono solite scavare gallerie e tane ipogee anche di diversi metri, con conseguenti rischi per la tenuta delle arginature di corsi d’acqua naturali e canali di irrigazione e scolo.
Con la premessa che nel 2014 la legislazione nazionale ha declassato la nutria da specie selvatica ad «animale infestante», e secondo il dettato della legge regionale 20 dello scorso giugno, la giunta interviene via delibera con un obiettivo chiaro: sterminare la specie. Il piano di durata triennale – «Uno strumento efficace per il controllo e l’eradicazione della specie», lo riassume l’assessore Paolo Panontin – entra nel dettaglio dei metodi di intervento, degli operatori, dello smaltimento delle carcasse. L’importante è che non siano usati veleni, esplicitamente vietati assieme a ogni altro metodo non selettivo. La giunta informa innanzitutto sulle persone autorizzate all’intervento. Si tratta del Corpo forestale regionale, delle guardie comunali con licenza di caccia, di operatori anche non cacciatori ma selezionati e addestrati dalle ex Province. Via libera anche all’agricoltore proprietario o conduttore, «purché adeguatamente formato», previa comunicazione all’ispettorato forestale. La via preferenziale, anche se non viene escluso l’abbattimento diretto, è la cattura in vivo tramite gabbie-trappola e successiva soppressione.
Nell’allegato alla delibera si precisa inoltre che vanno impiegati meccanismi a scatto collegati con esche alimentari come mele e granoturco. Le gabbie, una volta attivate, devono essere controllate almeno una volta al giorno (due in periodo estivo), allo scopo di non procurare inutili sofferenze agli animali catturati e di verificare l’eventuale presenza di specie non bersaglio che dovranno essere prontamente liberate. La soppressione «con metodo eutanasico» degli animali catturati con il trappolaggio dovrà poi avvenire nel minor tempo possibile. Di dettaglio in dettaglio si spiega anche il metodo di soppressione. Il più semplice: il colpo di fucile. Con canna liscia, ma anche di piccolo calibro (tipo flobert) o di dispositivi ad aria compressa con potenza non superiore a 7,5 Joul e calibro pari a 4,5 per i quali non sono richiesti porto d’armi e licenza per l’esercizio venatorio. Il trasporto delle armi da casa al luogo della cattura, nessuna sorpresa, è consentito soltanto a maggiorenni. Data poi per scontata la «massima diligenza», con arma scarica e nella custodia. Una volta uccise, le nutrie vanno messe «in contenitori ermetici ove vengono esposte al biossido di carbonio ad alta concentrazione». In ogni caso, più se ne uccidono, meglio è: «Tenuto conto che l’obiettivo auspicabile è l’eradicazione della specie dal territorio regionale, non sono previste limitazioni numeriche al prelievo».
Non manca la dotazione finanziaria: 22mila euro all’anno (66mila nel triennio) per lo smaltimento delle carcasse e per l’acquisto delle gabbie. Un investimento «contraddittorio», denuncia peraltro la Lav-Lega anti vivisezione, che cita, con il referente di Trieste Fulvio Tomsich Caruso, gli 80mila euro pubblici che sostengono uno studio dell’Università di Udine per individuare e testare sistemi che riducano le capacità riproduttive delle nutrie. «Un’azione non violenta che ci vede ovviamente favorevoli – dice l’animalista –, ma che rende ancor meno comprensibile perché si vada sulla strada opposta dell’abbattimento cruento». Un’iniziativa, aveva già denunciato in passato la Lav, «che otterrà l’effetto di indurre la specie a moltiplicarsi ed estenderà la caccia 24 ore su 24 anche fuori dalla stagione venatoria, facendo girare persone armate e dando copertura alle attività di bracconaggio».
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