«Un piano di salvataggio di 60 milioni»
Le Coop Nord Est hanno un’ipoteca pesantissima sull’immobile delle Torri d’Europa. Lo ha rivelato ai pm Federico Frezza e Matteo Tripani l’ex direttore generale Pier Paolo Della Valle. Nell’interrogatorio come persona informata sui fatti Della Valle ha spiegato quale è la posta in gioco dietro al prestito complessivo di 8 milioni di euro concesso con la garanzia delle Coop Nord Est dal Consorzio cooperativo finanziario per lo sviluppo, la holding di Reggio Emilia riconducibile alla LegaCoop di Bologna e all’universo delle cooperative “rosse”, di cui interpreti primarie sono appunto le Coop Nordest.
Prestito che deve essere restituito entro la fine dell’anno. «Nel contratto - ha spiegato Della Valle - c’è una clausola per cui in caso di mancata restituzione del denaro, il garante Coop Nord Est ha una prelazione sull’immobile delle Torri d’Europa». L’articolo 3 del contratto infatti prevede che il finanziamento iniziale di 5 milioni di euro debba essere restituito, maggiorato degli interessi, in un unica soluzione decorsi 6 mesi dalla data della prima erogazione, il 27 giugno. Quindi entro il 26 dicembre le Cooperative operaie dovrebbero reperire altri 5 milioni di euro da restituire con gli interessi. Un’ipotesi difficile dal momento che il 25 settembre scorso le Coop Operaie hanno chiesto al medesimo consorzio altri 3 milioni di euro. Un prestito questo garantito dalla costituzione del diritto di pegno sulle quote della società Folium srl partecipata al 100 per cento dalle Coop proprietaria di immobili tra cui queilli affittati a Mediaworld.
Il presidente delle Cooperative Nord Est, Paolo Cattabiani nel suo interrogatorio non ha fatto mistero dei piani della holding della LegaCoop. «Il nostro proposito - ha detto il manager durante l’interrogatorio in Procura - è di costituire una società immobiliare che acquisti dalle Cooperative operaie 25 negozi, poco più della metà degli esistenti. Con il denaro che le Cooperative operaie percepirebbero (circa 60 milioni di euro) dovrebbero far fronte ai debiti con i fornitori e al prestito sociale. I negozi verrebbero affittati dalla società immobiliare alle Cooperative operaie che quindi proseguirebbero con la gestione ordinaria. Gli altri negozi (in tutto sono 45) verrebbero venduti a terzi o chiusi».
Cattabiani - siamo prima della richiesta di fallimento - aveva anche parlato di cifre. «Parte dell’importo totale di 60 milioni proverrebbe dalle Coop Nord Est (circa 10 milioni) e parte da Friulia (tra i 5 e gli 8 milioni) e il resto (40 milioni) da un prestito del Monte dei Paschi di Siena».
Insomma era questa l’operazione-salvataggio. Cattabiani nell’occasione aveva anche parlato chiaramente del piano industriale. «Prevede - aveva detto - che il numero dei punti vendita sia suddiviso tra quelli remunerativi o che comunque hanno un margine di contribuzione positivo, da quelli non remunerativi. Considerato che il numero dei punti vendita delle Coop operaie è di circa 45, mi pare che 25 siano quelli remunerativi. Gli altri dovrebbero essere chiusi dal punto di vista dell’attività oppure ceduti ad altre catene imprenditoriali». Poi la conclusione del manager. «Sono consapevole - aveva detto Cattabiani - che le somme che le Cooperative operaie possa incassare non sono comunque sufficienti a far fronte ai debiti (ammontano a oltre 103 milioni di euro, ndr), ma riteniamo che, in ogni caso, detti importi possano intervenire per coprire almeno l’aspetto della gestione caratteristica con la speranza che, entro un paio d’anni, la situazione possa migliorare anche dal punto di vista della tenuta del conto economico».
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