Un palazzo per i profughi in Viale

L’insegna con il numero civico della via si intravede appena. Le targhette dei citofoni con i nomi delle rispettive famiglie all’ingresso principale sono vuote da un po’ di tempo. E, in effetti, quell’edificio di colore bianco che si sviluppa su cinque piani è disabitato da alcuni mesi. Siamo al numero 3 di via dei Bonomo, piccola trasversale di via Giulia che si incrocia con Viale XX Settembre. Proprio all’angolo con quest’ultimo sorge uno stabile che ospita una quindicina di appartamenti che, oggetto di recenti interventi di manutenzione, sono stati presi in affitto dall’Ics (Consorzio Italiano di Solidarietà). Appartamenti che sono destinati ad accogliere una cinquantina di rifugiati e richiedenti asilo. Alcuni degli alloggi sono già occupati, altri lo saranno a breve. Sul lato di viale XX Settembre, al piano terra, alcuni operai sono al lavoro per sistemare l’ampio vano che servirà per allestire delle attività collaterali.
Sono una quarantina in totale gli appartamenti fino ad ora messi a disposizione dei profughi in diversi punti della città. A questi si aggiungono le strutture di accoglienza gestite dalla Caritas e dello stesso Ics. Ad oggi sono circa 530 i richiedenti asilo ospitati a Trieste: quasi un terzo di quelli presenti sull’intero territorio regionale (1800). Una situazione che, nella proporzione dei numeri e nei criteri di distribuzione, sembra destinata ad avviarsi inevitabilmente nella direzione dell’emergenza.
«Il problema è che gli ultimi arrivi dei rifugiati sono stati gestiti direttamente dal governo e dalle singole Prefetture senza il coinvolgimento diretto da parte del Comune - afferma Laura Famulari, assessore comunale alle Politiche Sociali -. Negli ultimi mesi il numero dei richiedenti asilo in città si era assestato a quota 450, mentre adesso questa soglia è stata ampiamente superata. Siamo di fronte ad una evidente iniquità nei criteri di suddivisione e distribuzione: Trieste non può far fronte da sola ad un terzo dei profughi ospitati sull’intero territorio regionale. In questa città non si è mai verificato nessun problema né in termini di sicurezza né di convivenza, ma è chiaro che ora si pongono delle problematiche a livello di gestione logistica».
Pensieri condivisi da Gianfranco Schiavone, presidente Ics: «Manca effettivamente un piano nazionale di distribuzione infra-regionale - puntualizza Schiavone -. All’interno delle singole regioni la situazione non viene affrontata in modo omogeneo e si creano delle concentrazioni differenti nei vari territori. L’obiettivo da perseguire è una migliore distribuzione dei rifugiati su tutto il territorio regionale, al fine di evitare uno squilibrio che per il momento non è particolarmente rilevante, ma che con il passare del tempo potrebbe assumere proporzioni sempre maggiori con tutte le conseguenze del caso».
Numeri così alti in città si erano registrati solo in particolari situazioni di emergenza, come accaduto alcuni mesi fa, quando a sollevare una serie di polemiche era stato il trasferimento di una trentina di immigrati nella sede temporanea individuata alla Sacra Osteria di Campo Marzio e di un’altra quindicina di richiedenti asilo alloggiati all’Hotel Tritone di Barcola.
Nel frattempo, la notizia che lo stabile di via dei Bonomo ospiterà una cinquantina di profughi ha creato una certa apprensione tra i residenti. «È evidente che si tratta di una situazione che non ci lascia tranquilli - sbotta Virgilio che abita poco distante -. In questo modo non ci sentiamo più sicuri». Davide e Linda la pensano allo stesso modo: «Non è questione di essere razzisti. Il problema è che in questo momento non ci sono spazi nemmeno per noi residenti». Maria ha la madre anziana che abita da quelle parti: «Lo spirito dell’accoglienza è sacrosanto, ma senza esagerare, perché in questo momento tutti quanti stiamo facendo fatica per sopravvivere».
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