Un museo per Trieste capitale del caffè

«Questo è solo l’inizio». Come nel finale di Casablanca. Andrea Illy ripete le parole dell’assessore alla Cultura Paolo Tassinari. Poi si fa una domanda e si dà la risposta: «Cosa dovrà essere questa esposizione?». «Un banco di prova per il primo museo mondiale del caffè». Andrea Illy non ama l’effimero. L’industriale del caffè considera l’Expo un capolinea da cui ripartire per le nuove sfide legate all’eccellenza. E così, all’anteprima per la stampa, ricorda quello che è un impegno contenuto nel protocollo (mezzo milione il finanziamento) firmato con Regione, Comune di Trieste, Camera di commercio, per la realizzazione di questo evento al Salone degli incanti (inaugurato ieri pomeriggio) collegato all’Expo di Milano dove Illy è Official Coffee Partner nonché curatore del Coffee Cluster («che ha già superato i 3 milioni di visitatori» informa Roberto Morelli).
A Trieste, una delle poche città italiane collegate direttamente all’esposizione universale milanese, la rassegna “Il gusto di una città. Trieste capitale del caffè” parte con due mesi e mezzo di ritardo (complice l’esigenza di lasciare spazio alla rassegna di moda Its) ma punta a recuperare il tempo perduto. E soprattutto a non passare invano. Camera di commercio, Regione e Comune hanno già registrato (come ha fatto sapere il presidente della Cciaa Antonio Paoletti) il marchio “Trieste capitale del caffè” e pure “Capitale del caffè” nel caso a qualcun altro (Napoli, per fare un esempio) venisse in mente di fare altrettanto. La capitale è una sola: Trieste. “Città del caffè” lo è già grazie a un cartello stradale messo in via Commerciale e dalla paternità tuttora ignota.
L’obiettivo è quello di lavorare a un’ipotesi di sviluppo di Trieste legata al caffè che rappresenta «il 5% del Pil cittadino»: l’unica città d’Europa dove è presente l’intera filiera produttiva del caffè, escluse le piantagioni ovviamente (e con le temperature di questi giorni si potrebbe pure pensarci). «Il distretto del caffè occupa mille persone, movimenta un milione di sacchi in porto, detiene il 33% delle esportazioni alimentari della regione, occupa il 15% del mercato italiano del caffè e l’1,2% di quello mondiale» elenca Furio Suggi Liverani, presidente di Trieste Coffee Cluster tra i promotori della manifestazione, raro esempio di partnership tra pubblico e privato.
Il museo non ha però una sede. Un anno non è bastato per individuare un contenitore. E c’è da fare in fretta. La Camera di commercio assicura di avere già pronto il progetto del museo del caffè («Non è finita qua - assicura Paoletti della Cciaa -. Sarà un museo sensoriale»). A novembre c’è da trovare posto per i materiali del Coffee Cluster milanese e dell’esposizione triestina che la illy lascerebbe in eredità come nucleo del futuro museo. Sarebbe un vero delitto lasciarli in deposito in un magazzino. L’ipotesi di Palazzo Carciotti (nel contesto dell’alquanto fumoso Museo della città) sembra sfumare ora che la sdemanializzazione offre spazi enormi dentro il Porto vecchio dove l’anno scorso si è già tenuta con successo la Trieste Espresso Expo della Cciaa. Il restaurato Magazzino 26 potrebbe essere la sede provvisoria del museo mondiale del caffè. L’esposizione “Il Gusto della città”, curata da Carlo Bach direttore artistico della illy con il coordinamento di Villaggio Globale, potrebbe anche girare. «Questa mostra potrebbe diventare itinerante e far conoscere Trieste capitale del caffè a Parigi, Vienna, Berlino, Budapest, Praga» spiega Illy. Il percorso espositivo al Salone degli Incanti si snoda, come a Milano, attraverso grandi stampe del lavoro svolto in 12 anni e in 10 Paesi del caffè dal fotografo Sebastiao Salgado per illy. Questo è solo l’inizio di una storia. Il seguito è da scrivere. «Una città che diventa famosa nel mondo perché capitale del caffè» sogna Andrea Illy che ricorda come persino Claudio Magris («lo scrittore più famoso») scriva fisicamente in un caffè (che è il San Marco). Il marchio è già stato registrato, il museo aspetta solo di iniziare.
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