Un “muro” greco sull’Evros per fermare la rotta balcanica

Il governo di Atene ha stanziato 63 milioni per costruire una barriera metallica lunga 30 chilometri che dovrebbe sbarrare l’accesso all’altra sponda del fiume  
Esodo da un campo profughi a Lesbo
Esodo da un campo profughi a Lesbo

BELGRADO È una delle vie privilegiate – assieme a quella che prevede lo sbarco sulle isole dell’Egeo – per chi cerca dalla Turchia di entrare in Grecia per poi proseguire verso Nord, attraverso quello che rimane della “Rotta balcanica”. Ma il passaggio, a breve, sarà ancora più stretto che in passato, sempre ugualmente insidioso e arduo per migranti e profughi in transito. Passaggio del fiume Evros, infido corso d’acqua che marca il confine tra Turchia e Grecia e che dovrebbe diventare impraticabile, nelle intenzioni delle autorità elleniche.

È questo l’obiettivo del governo di Atene, che dopo aver deciso la linea durissima relativamente ai campi sull’isole greche, ha stanziato pure 63 milioni di euro per l’erezione dell’ennesimo “muro” sul limes europeo. Si tratta di una nuova barriera metallica, lunga quasi trenta chilometri, che andrà a sigillare la sponda greca del fiume, già oggi sbarrato da una decina di chilometri di cancellate, installate già nel 2013 nella zona di Orestiada. Barriere che non hanno tuttavia arrestato il flusso di migliaia di profughi, che nel corso degli ultimi anni – e sempre più frequentemente fino allo scoppio della pandemia – hanno scelto la via dell’Evros.

La paura di Atene è tuttavia che i numeri tornino robusti in futuro, se la Turchia di Erdogan dovesse nuovamente usare “l’arma” migranti come ricatto nei confronti della Ue. Da qui la decisione di costruire il nuovo muro, che dovrebbe essere completato entro l’aprile del prossimo anno, utilizzando pali d’acciaio alti quasi cinque metri, da collocare entro una base in cemento. È prevista anche la costruzione di otto torri di osservazione e la modernizzazione e il potenziamento della prima barriera, quella del 2013, ormai obsoleta. Non si tratta di annunci vani.

L’autorevole quotidiano Kathimerini ha infatti pubblicato ieri immagini di camion e gru dell’esercito greco già al lavoro per installare barriere di filo spinato e per rinforzare posti d’osservazione sull’Evros. Non si può fare altrimenti, costruire il “muro” è «il minimo per mettere in sicurezza la frontiera e far sentire alla gente» che vive in un’area «più sicura», ha dichiarato il premier greco, Kyriakos Mitsotakis, che ha confermato anche l’arruolamento di altre 800 guardie confinarie, da dispiegare lungo il fiume. Secondo dati delle Nazioni Unite, malgrado la pandemia sono stati almeno 3.700 i migranti che entro fine settembre sono arrivati via terra in Grecia, poco più di 9mila quelli sbarcati sulle isole, in entrambi i casi in calo rispetto al 2019 – una diminuzione dovuta in gran parte all’epidemia. Si tratta soprattutto di afghani e siriani.

Molti tenteranno di continuare il viaggio, attraverso i Balcani, rotta sempre più battuta e ugualmente pericolosa. Lo avvalorano i dati ufficiali, che parlano ad esempio di 1.800 nuovi arrivi in Serbia solo dall’8 al 14 ottobre (+35% su base settimanale) e di numeri in crescita anche in Bosnia. E le numerose notizie in arrivo dalla regione, come quella del fermo di oltre 250 migranti in Macedonia del Nord in un’ampia operazione di polizia, che ha portato anche all’arresto di 12 “smuggler”. O quella dei 52 profughi bloccati mentre dal Montenegro provavano ad arrivare in Italia via mare. O ancora la scoperta di un nuovo tunnel sotterraneo alla frontiera serbo-magiara, per bypassare il muro di Orban. E le denunce delle nuove presunte violenze della polizia croata, svelate da un nuovo rapporto del Danish Refugee Council, sui tanti migranti che ancora oggi cercano di passare da Bosnia a Croazia.—


 

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