Un industriale straniero si fa avanti per Servola
«C’è un industriale straniero interessato a impiantare un’azienda per la lavorazione a freddo dei metalli sull’area di Servola. Impiegherebbe numerose decine di lavoratori locali». Francesco Rosato, ex direttore della Ferriera e ora advisor scelto dal sindaco per mettere a punto la strategia di riconversione, si lascia sfuggire qualche prima novità del suo lavoro di scouting. Ieri ha illustrato la prima parte del suo report ai rappresentanti della Regione e della Provincia. «Non ho detto quasi nulla in più rispetto all’anticipazione del report fatto la settimana scorsa al Tavolo ufficiale - riferisce ora - si tratta dei riscontri di una prima fase di lavoro, il mio incarico è di sei mesi, terminerà appena a giugno per cui conto di arricchirlo. Lunedì mi confronterò con gli stessi rappresentanti dei lavoratori e in base alle loro domande potrò fornire ulteriori dettagli». Il timore dei sindacati è che per rimpiazzare i 500 posti di lavoro della Ferriera, e i 300 dell’indotto, senza contare i 200 della Sertubi, venga ricavato unicamente un terminal portuale in grado di assorbire un numero minimo di persone. «Credo che non sarà così - ribatte Rosato - contatti concreti e specifici vi sono stati sia con imprenditori italiani che stranieri per attività di tipo industriale. I campi d’applicazione sono quelli che ho già annunciato: aziende per la manutenzione e i service dell’industria ferroviaria, attività metallurgiche di trasformazione secondaria a freddo di materiali non ferrosi quali rame e alluminio e di trasformazioni sempre a freddo di acciai, e poi aree direzionali. L’opportunità migliore - specifica l’advisor del Comune - sembra venire proprio da questo industriale straniero: l’interessamento c’è, ma certo la trattativa è appena da fare».
E comunque Rosato ribadisce che per attuare la riconversione «vi sarà bisogno di un forte contributo di risorse pubbliche». Per tentare di ottenerle, com’è stato ribadito anche ieri dalle istituzioni, è indispensabile completare entro i primi di aprile la bozza di Accordo di programma, che dovrà contenere anche un piano sociale di ammortizzatori per coprire i tempi morti tra la chiusura della Ferriera e il funzionamento a regime delle nuove attività, e che poi verrà sottoposto al governo anche se al momento non si sa bene quale. È già stato definito che per completare questa bozza il Tavolo in Regione si riconvocherà ai primi di aprile. Per inserire Trieste tra le città fruitrici di una tranche di finanziamenti è necessario che il decreto che la annovererà tra le aree di crisi industriale complessa, già varato dal governo uscente, venga avallato dalla Corte dei conti dov’è invece attualmente ancora fermo. L’Accordo di programma assieme al percorso di risanamento ambientale, secondo quanto lo stesso Rosato ha già illustrato, va a costituire le due condizioni esterne per attuare la riconversione. Priorità operativa da affrontare sarà il decommissioning degli impianti che includerà anche la rimozione delle scorie e dei materiali e potrà protrarsi per 18-24 mesi. Passata questa fase, le aree retrostanti alla banchina (30-40 mila metri quadrati) saranno utilizzabili subito dopo la messa in sicurezza per lo stoccaggio e le lavorazioni di merci che arriveranno via mare. Nel retrobanchina le prima cantierazioni potrebbero avvenire già tra 6 o 9 mesi. L’area complessiva sarà suddivisa in 7-8 zone utilizzabili a stralci.
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