Un coro a Sant’Eufemia non solo per i pescatori

(...) La ricerca dell’anima dei pescatori di Grado comincia da un canto. Perché la loro scorza è quella di tutti gli altri pescatori del mondo: dura, coriacea, materia ruvida per facce come carte...
(...) La ricerca dell’anima dei pescatori di Grado comincia da un canto. Perché la loro scorza è quella di tutti gli altri pescatori del mondo: dura, coriacea, materia ruvida per facce come carte geografiche, dove le rughe sono il segno dell’attesa in mare e la linea della vita si confonde nei palmi callosi modellati dalla salsedine e dalla fatica. Ma sotto la scorza c’è un animo di vellutata sensibilità. Al primo sole si desta la città della marina e in un bel giorno risuona la dolce campana vicina mentre sul mare d’argento va il pescatore contento, passa e si inchina alla sua Madonnina dicendole piano così: Madonnina del mare non ti devi scordare di me. Vado lontano a vogare ma il mio dolce pensiero è per Te. Canta il pescatore che va: Madonnina del mare Con te questo cuore sicuro sarà. L’ultimo raggio di sole muore sull’onda marina E in un tramonto di sogni lontano la barca Cammina Fra mille stelle d’argento va il pescatore contento Sente nel cuore un sussulto d’amore, sospira pregando Così: Madonnina del mare… “Madonnina del mare” echeggia nelle navate della basilica di Sant’Eufemia. Vapori di note escono dalle bocche di coristi del Santa Cecilia diretti dal maestro Anello Boemo, ché all’interno della chiesa – per quanto affollata di fedeli attente alle parole chiare del parroco don Zorzin – l’aria è pungente in questa domenica di gennaio, tiene svegli, raspa le guance e fa stare attenti ai moniti del Vangelo. A sinistra dell’altare, puntuali cascasse il mondo, i coristi del Santa Cecilia sono la voce di Dio nella messa delle 10 della domenica. “Madonnina del mare” è un canto che culla anche gli animi più chiusi e a quelli più docili fa sgorgare lacrime. È la canzone dei pescatori, la cantano quando tirano su le reti e quando si fa rotta verso il porto inseguiti dagli artigli dello Scirocco, che è il diavolo del mare. La messa è finita e si va in pace, disperdendosi tra le strette calli di Grado. I cantori ripongono gli spartiti, che dispiegano con cura prima della messa anche se non hanno bisogno di leggere le parole e le note. Sono canti questi che nascono assieme ai pescatori, vagiti che i più vecchi custodiscono gelosamente assieme ai ricordi che fanno piangere (...).


Tratto da “I Pescatori di Grado” di Roberto Covaz (Edizioni Biblioteca dell’Immagine)


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