Un antico frantoio di epoca romana portato alla luce vicino a San Giusto
TRIESTE. Hanno spostato un’epigrafe, l’hanno distesa a terra e l'hanno scalpellata per creare un buco da cui far defluire il liquido. Con questa base, nel periodo tardo antico (IV-V secolo d.C.), gli abitanti di Trieste costruirono un frantoio di fortuna, ora riemerso in via della Cattedrale, a pochi passi dalla basilica di San Giusto.
La Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, dopo i primi rilievi degli addetti alla sorveglianza archeologica della ditta Archeotest, ha ricostruito pazientemente la storia di questo strumento, dopo i primi segnali di un rinvenimento avvenuto per caso lo scorso novembre durante uno scavo di AcegasApsAmga per una perdita d’acqua davanti ai bagni pubblici. Gli operai della multiutility hanno ora terminato la riparazione, lasciando nelle mani dei professionisti il compito di approfondire la storia del reperto.
«Questa specie di frantoio di fortuna fu costruito con materiale di reimpiego, tra cui la stessa iscrizione e anche elementi di cornici e colonne - spiega Paola Ventura, il funzionario archeologo della Soprintendenza che ha la direzione scientifica -. Il torchio verrà analizzato anche attraverso l’esame dei sedimenti per capire se effettivamente la sostanza era olio: elemento quasi sicuro, visto che nell’area era presente un'attività di produzione olearia.
Per questo, è necessario individuare delle ditte che si occuperanno anche del restauro e della scansione 3D per una ricostruzione affidabile, con l'ok di AcegasApsAmga e Comune, che poi deciderà se mantenere visibile l’area al pubblico. Sotto il suolo dell’antica strada che porta alla cima del colle però sono stati identificati pure un muro basso medievale, una serie di ulteriori livelli che vanno fino all’epoca alto imperiale e una conduttura in bronzo».
Se questo cantiere è appena agli inizi, al contrario sta per essere ultimato quello inerente la valorizzazione dell’area di via dei Capitelli, che insiste su proprietà di Comune e Ater, rappresentato principalmente da un monumento di quattro pilastri decorati in calcare d’Aurisina risalente al I d.C. Grazie a un finanziamento della Fondazione CRTrieste di più di 600 mila euro, si concluderà in questi giorni dopo quattro anni di lavoro, anche se i primi scavi risalgono ai inizi Duemila. Ora il monumento si dovrà proteggere con una copertura e pure un pavimento in tavelloni di cotto ( II d.C.) che si trova immediatamente sopra. Quest’ultimo fa parte di un sito che si estende anche nel piano interrato di uno stabile Ater.
Questa zona archeologica sarà oggetto di un nuovo intervento di restauro, per poi renderla fruibile al pubblico. «Penso che la progettazione potremo vederla conclusa entro quest’anno», auspica la soprintendente Simonetta Bonomi. A disposizione ci sono 190 mila euro della Soprintendenza e 355 mila euro del Segretariato regionale del Mibact per il Fvg. Non ultimo, l’attenzione della Soprintendenza verte anche sul propileo, l’ingresso monumentale consacrato al culto imperiale, ospite del campanile di San Giusto. L’inaugurazione dell'intervento - finanziato per 200 mila euro dal Rotary Club Trieste, che ha ne ha progettato e finanziato il restauro e la valorizzazione con la collaborazione della Fondazione Casali - risale alla scorsa estate.
«Bisognerebbe fare ancora un piccolo scavo – sottolinea Ventura – e fornire l’apparato didattico oltre una ricostruzione 3D del monumento». «Anche quest'ultimo atto - specifica il presidente del club triestino Nico Guerrini - sarà in parte sponsorizzato dal nostro sodalizio con l'impegno personale e diretto degli stessi soci del Rotary».
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