Uil condannata in Appello per un lavoratore precario
«Regolarizzate il dipendente e pagate gli arretrati». Questo concetto è stato espresso in una sentenza di condanna della seconda sezione civile della Corte d’Appello nei confronti della Uil. Il sindacato e il segretario Luca Visentini erano stati chiamati in causa per la vicenda lavorativa del dottor Mauro Seppi, un esperto di pensioni e previdenza che, nel gennaio del 2003, sebbene non regolarizzato, aveva iniziato a lavorare per la Uil - camera confederale di Trieste, recandosi frequentemente oltre confine per offrire, in nome e per conto del sindacato, assistenza a chi fruiva della previdenza italiana.
Il suo rapporto di lavoro era stato regolarizzato nel 2005. Ma la Uil, secondo Seppi che nella vicenda giudiziaria è stato assistito dagli avvocati Fabio Petracci e Alessandra Marin, è stato assunto con un livello inferiore. Inoltre il sindacato, suo datore di lavoro, non gli aveva nemmeno pagato le numerose trasferte in Istria.
Così, a fronte di queste difficoltà, il dipendente nel 2009 si è dimesso. Ma, secondo la citazione, poi diventata sentenza, la Uil non gli ha pagato nè il Tfr e nemmeno i ratei della tredicesima e della quattrordicesima. Un comportamento quantomeno apparentemente singolare per un sindacato che solo venderdì scorso è sceso in piazza contro il governo e a favore dei lavoratori. Anche perché quando Seppi ha citato il sindacato, il segretario Visentini lo ha contestualmente denunciato accusandolo di aver sottratto i files con i nomi degli iscritti per fornirli a un altro patronato. La denuncia è stata archiviata dopo qualche mese.
La sentenza della Corte d’Appello di Trieste ha confermato quella pronunciata dal giudice Annalisa Barzazi del Tribunale del lavoro che nel 2010 aveva condannato la Uil (difesa dall’avvocato Gianfranco Carbone) riconoscendo a Seppi il diritto a essere inquadrato al terzo livello del contratto nazionale di lavoro e quindi ottenere il pagamento dalla Uil, nella persona del segretario Luca Visentini, delle differenze retributive maturate con il ricalcolo degli stipendi, delle ferie, dei permessi del Tfr e delle tredicesima e quattordicesima mensilità oltre alla regolarizzazione contributiva.
Non solo. Il giudice Barzazi aveva anche imposto alla Uil di pagare il rimborso chilometrico non percepito per la cifra di 2mila 700 euro e anche monetizzare 25 giorni di ferie e permessi non goduti.
Questa sentenza di primo grado era stata impugnata dal sindacato che appunto si era rivolto alla Corte d’Appello sostenendo in buona sostanza che il lavoro di Seppi era volontario e che lui di fatto non era un dipendente. E che per l’inquadramento dei propri dipendenti il sindacato faceva riferimento al proprio regolamento organizzativo interno e non al contratto nazionale di lavoro utilizzato solo per l’individuazione dei livelli retributivi.
Ma i giudici d’Appello non solo hanno rigettato la richiesta confermando la sentenza di primo grado, ma hanno anche condannato la Uil a pagare altri 3mila 300 euro relativi alle spese di lite. Da aggiungere, infine che su questa vicenda la Uil ha avvitato anche una causa civile per ottenere il risarcimento del danno per lo sviamento degli iscritti al patronato.
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