Ue: emergenza profughi, agire in 24 ore. Ma il vertice è in salita

Oggi il tavolo: rimpatri rapidi per chi non ha diritti, stop invii alle frontiere altrui senza accordo. Croazia, Bulgaria, Romania e Serbia: non saremo zone cuscinetto
I profughi in Slovenia sono saliti a oltre 60mila nel giro di una settimana (foto Igor Zaplatil dal sito delo.si)
I profughi in Slovenia sono saliti a oltre 60mila nel giro di una settimana (foto Igor Zaplatil dal sito delo.si)

ZAGABRIA. Alla vigilia del minivertice a 10 convocato oggi a Bruxelles per trovare una risposta comune alla crisi migratoria che sta investendo i Paesi balcanici, c’è un clima di agitazione fra i leader coinvolti.

Balcani, tensioni in vista del minivertice a dieci a Bruxelles
Profughi in un campo al confine fra Croazia e Slovenia

Già ieri mattina, letta la bozza del piano d’azione messo a punto dal presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker, il premier croato Zoran Milanovic ha bocciato il documento definendo le proposte «insensate e completamente non realistiche». Serbia, Bulgaria e Romania - riunitesi in vista del summit - hanno fatto sapere: «Non lasceremo che i nostri Paesi diventino una zona cuscinetto».

Ieri sera l’Ansa ha diffuso i contenuti della bozza di dichiarazione finale in discussione oggi al tavolo cui parteciperanno Austria, Germania, Grecia, Ungheria, Romania, Bulgaria, Slovenia, Croazia, Serbia, Macedonia più Unhcr, Frontex e Ufficio europeo per l’asilo (Easo).

Slovenia, una barriera ai confini con la Croazia
Tantissimi bambini tra i profughi al confine tra Slovenia e Austria

Si tratta - così l’Ansa - di una strigliata ai leader dei Paesi della rotta balcanica perché non usino i rifugiati come arma politica tra di loro e rispettino regole e obblighi. E di una dettagliata lista di 16 azioni operative in 24 ore da seguire per dare risposta coordinata a livello Ue all'esodo di rifugiati.

Viene innanzitutto confermato il principio per cui uno Stato può «rifiutare l'ingresso» sul suo territorio a quei migranti che non vogliono presentare domanda d'asilo nel Paese stesso e che cercano di evitare la registrazione. Chi non ha diritto alla protezione internazionale verrà rimpatriato «rapidamente» attraverso Frontex.

Nessun Paese potrà più mandare i migranti a frotte su autobus o treni verso le frontiere altrui senza aver prima l'accordo dello Stato in questione: metodo che invece ha creato tensioni forti nei giorni scorsi fra Croazia e Slovenia con scambi di accuse reciproche.

Slovenia: nuovo flusso di migranti, mobilitati esercito e polizia

Per rafforzare la protezione delle frontiere esterne dell'Ue verrà lanciata una nuova operazione Frontex al confine tra Grecia, Macedonia e Albania per registrare i migranti “sfuggiti” all'operazione ad Atene e controllare il passaggio in uscita di quelli registrati. Frontex darà poi supporto ai confini della Croazia e invierà 400 guardie di frontiera in Slovenia.

Al contempo - ancora la citazione della bozza - i Paesi lungo la via balcanica dovranno «fare sforzi immediati» nell'arco di «24 ore» da oggi per «trattare i migranti in modo umano» fornendo rifugio, cibo, acqua e assistenza medica. Gli Stati riceveranno sostegno materiale e finanziario da Ue, Unhcr, Bei e Berd.

A Zagabria, si diceva, Milanovic ha subito messo le mani avanti. Soprattutto su un punto: «La bozza prevede che i Paesi sulla rotta balcanica non possano più, senza un accordo e previe consultazioni con gli altri stati confinanti, trasportare i migranti alle frontiere, ma io sono convinto che una simile soluzione non verrà approvata», ha affermato.

«Chiunque abbia scritto quest’idea non capisce cosa sta succedendo: è semplicemente impossibile trattenere questa gente», ha proseguito aggiungendo che dall’Ue si aspetta piuttosto «che risolva il problema laddove viene generato, ovvero al confine tra la Turchia e la Grecia».

Migranti, la Slovenia schiera 650 soldati ai confini
Rifugiati alla frontiera fra Slovenia e Austria

«Tutto il resto è una perdita di tempo», ha concluso Milanovic assicurando che non prenderà alcun impegno formale a Bruxelles e non transigerà sul fatto che «la Croazia non intende diventare un hot spot sulla rotta dei Balcani».

Dello stesso avviso altri tre Paesi della regione, Serbia, Bulgaria e Romania, che tramite il premier bulgaro Boyko Borisov - dopo l’incontro cui oltre a Borisov hanno partecipato il premier serbo Aleksandar Vucic e il romeno Viktor Ponta - hanno fatto pressione sull’Ue: «Se Germania, Austria e altri Stati dovessero chiudere le loro frontiere, Sofia, Belgrado e Bucarest faranno altrettanto».

«Non esporremo i nostri Paesi alla pressione devastante di milioni di persone intenzionate a entrare irregolarmente», ha affermato Borisov: «Non lasceremo che i nostri Paesi diventino una zona cuscinetto». Insomma, i Balcani non vogliono diventare la sala d’attesa dell’Ue.

Profughi verso Nord, la fiumana non si ferma

Intanto il flusso migratorio non accenna a fermarsi. Dal 16 settembre in Croazia sono entrate quasi 240mila persone, la Slovenia ha superato le 60mila nel giro di una settimana. Lubiana ha registrato oltre 5mila ingressi nella sola mattinata di ieri, mentre 9mila rifugiati e migranti sono stati accolti nelle ultime 24 ore nei diversi centri di ricezione aperti nel Paese, a Brežice, Šentilj e Rigonce per poi essere portati al confine con l’Austria, che a sua volta continua ad accoglierli.

La Slovenia, ha assicurato il segretario di Stato agli Interni Boštjan Šefic, non può più far fronte a questa situazione: Lubiana vuole discuterne a Bruxelles.

 

 

Riproduzione riservata © Il Piccolo