Ucraina, Ue e la pessima gestione dei rapporti con la Russia
TRIESTE Una notizia, non passata sui media a grande diffusione, ha impressionato in questi giorni gli esperti che seguono la crisi sull’Ucraina. La Russia, oltre ad avere ammassato in zona uomini e armamenti di ogni tipo, ha fatto arrivare a ridosso del confine conteso una riserva di sacche di sangue. Un segno piuttosto chiaro che Putin è pronto realmente a una prova muscolare, seppure di entità molto limitata, nel contenzioso con la Nato e l’Occidente.
Poco probabile che si arrivi a un confronto armato su vasta scala con Mosca ma l’occasione potrebbe, anzi dovrebbe essere propizia a una riconsiderazione globale su tanti punti della realtà geostrategica, il filo delle alleanze ma soprattutto la visione economico-militare dell’Occidente e per quel che più che ci riguarda o dovrebbe riguardare, dell’Unione europea e della nostra Italia.
Dal crollo del Muro di Berlino e la fine della Guerra fredda l’Europa, e meno che mai gli Stati Uniti, sono stati capaci di elaborare una qualunque strategia che tenesse conto del dissolversi dell’”Impero del Male”, di ideare un nuovo approccio che cooptasse, tra legittime riserve e giusti moniti su diritti umani e stato di diritto, il colosso russo che pur arrivando sulle sponde del Pacifico ha il cuore e la sua mente in Europa, ne ha sempre fatto intrinsecamente parte.
Una miopia colossale e masochista. E questo, in parte neppure troppo piccola, per compiacere chi? I nuovi “alleati”, come gli Stati baltici e dell’Est. Nazioni a cui l’Unione europea ha fatto ponti (meglio dire bilanci) d’oro come “biglietto d’ingresso” nel club continentale. Per poi vedere impegnati tali fondi dapprima per rimediare e ammodernare le proprie fatiscenti infrastrutture e industrie, ponendosi verso l’Europa dell’Ovest in maniera concorrenziale; poi sempre con i soldi Ue comprare armamenti in competizione con quelli del Vecchio Continente e infine gridare “all’Orso, all’Orso” (russo). Senza contare il rifiuto di sobbarcarsi la propria quota di migranti.
Basterebbe solo uno di questi aspetti a dovere innescare seri ripensamenti sulla nostra politica verso la parte orientale dell’Unione e a maggior ragione verso l’Ucraina. Senza contare che “stendere il tappeto d’ingresso” nell’Ue a 42 milioni di anime costerebbe un “chip” insostenibile, specie in tempi di crisi energetica, post pandemica. Nel 2013 lo stesso presidente Janukovyc, certo anche per interessi filorussi ma con un’indubitabile onestà intellettuale, aveva rifiutato un accordo di associazione con l’Unione europea proprio per le troppo deboli condizioni economiche del Paese, fattore dal quale aveva preso avvio la violenta rivolta Euromaidan che l’avrebbe estromesso.
Inutile, anzi ancora più dannoso, persistere nel dare corda all’’alleato statunitense. Non importa chi sieda nello Studio Ovale della Casa Bianca, gli americani negli ultimi 20 anni sono riusciti pervicacemente a commettere un errore politico-strategico dietro l’altro, fino a farsi sparare e uccidere con le armi consegnate a “fidati alleati” come in Medio Oriente.
Di più, vogliono ancora egemonizzare le decisioni della Nato ma, forse giustamente, addossando sempre più spese agli alleati europei.Unica nota positiva in questo contesto la Farnesina. Onore ai nostri diplomatici, in questo caso. I nostri diplomatici (poiché sono giustamente gli “sherpa”, gli alti funzionari a indirizzare la reale progressione dell’azione politica internazionale) sono riusciti, almeno finora, a tenere una posizione “diversamente encomiabile” a fare mantenere all’Italia anche in un contesto Nato e Ue un autentico canale di dialogo con il Cremlino. Prezioso.
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