«Ucciso per invidia da chi lo conosceva»
TRIESTE. Perché è morto Aldo Carli? In che modo è stato ucciso quell’uomo di 75 anni, che viveva da normale pensionato nella sua villetta a Opicina assieme a moglie e anziana madre? Chi ha varcato l’ingresso dell’abitazione in via del Refosco, mercoledì 20 dicembre, e ha visto quindi per l’ultima volta il gioielliere trovato poi senza vita riverso in giardino, sul retro della casa, con un braccio allungato sulla testa e un rivolo di sangue che scendeva dalla bocca? Secondo il giallista, nonché ex giornalista Rai, Dusan Jelincic, non è stato un rapinatore sconosciuto. A suo giudizio, infatti, la vittima conosceva il proprio carnefice. «Il movente è l’invidia», afferma lo scrittore che, con pochissimi elementi e tanti punti di domanda, prova a ricostruire quegli attimi.
«Il responsabile del delitto potrebbe essere stato qualcuno che ha lavorato più volte nella casa di Carli - prosegue Jelincic -. Una villa ha bisogno di manutenzioni, in media almeno cinquanta persone entrano ed escono nell’arco di un anno in una casa così, per cambiare uno scaldabagno, fare una lettura del gas, riparare qualcosa. Oppure poteva essere il traslocatore che anni fa gli ha fornito un servizio. Tutte persone che hanno visto la casa e capito che lì qualcosa potevano rubare».
La rapina dunque resta la pista da seguire secondo il giallista. Il ritratto di Carli è quello di un anziano in pensione, tranquillo, che però da qualche parte, visto il passato da gioielliere, «sicuramente nascondeva dei gioielli. Ha lavorato negli anni migliori, quelli a cavallo tra il 1970 e il 1990, quando l’oro era per l’ex Jugoslavia e si guadagnava molto». Anche se, osserva con una riflessione più approfondita Jelincic, «i gioiellieri non è che siano proprio dei nababbi, devono stare attenti alle proprie mosse, ma in ogni caso gioielli a casa doveva averne».
Carli evidentemente si fidava del suo assassino. E l’uomo che ha messo in atto il piano ha ingaggiato dei compagni. «Non era solo, assolutamente». Si è presentato forse attorno alle 7 del mattino ed è stato il 75enne stesso ad aprirgli il cancello, attendendo sulla porta di sapere il motivo della visita. Il malvivente riesce a entrare in casa, lo seguono due o tre uomini. Ed è tra le quattro mura del focolare che inizia la richiesta di denaro. «Cercavano una cassaforte, ma Carli non voleva dare loro la combinazione». Insistono, ma l’uomo non ne vuole sapere. «Cercano anche nell’auto e rovistano sempre alla ricerca di un codice». «È stata una rapina pensata e studiata meticolosamente - sostiene Jelencic -. Un po’ come accaduto con la coppia di fratelli cubani (Reiver Laborde e Lisandra Aguila Rico ndr), che massacrarono a Lignano gli anziani coniugi Burgato: i responsabili hanno pensato di fare il colpo, eppure erano insospettabili».
Fuori non c’è nessuno, la casa è molto grande e la moglie al piano di sopra non sente nulla. I malviventi legano Carli, «sono arrabbiati, perché non riescono a raggiungere il loro obiettivo, e sono persone di facile ira. Lo legheranno con l’intenzione di estorcergli le informazioni, convinti di smettere non appena Carli avrà detto i magici numeri». Ma nulla, Carli non cede. L’anziana madre si muove, emette delle urla, gli uomini la fanno tacere subito, tentano di soffocarla. Lei non si agita più, pensano di averla fatta fuori. Tornano da Carli, dopo aver messo a soqquadro la casa, lanciando in aria cuscini, libri, mobili. Non trovano nessun codice ma la cassaforte invece sì, quella sì. «La rabbia di non poterla aprire si riversa su Carli, lo massacrano stringendo le corde. Il fatto di non riuscire a raggiungere il loro scopo li fa inferocire. Provano perfino a guardare nell’auto per vedere di trovare il codice».
Sono troppe forti le pressioni che Carli subisce con le corde, anche se i malviventi non volevano ucciderlo. Invece ci scappa il morto. Cosa fare a quel punto del corpo? La luce del giorno inizia a invadere le stanze. Bisogna nascondere il cadavere, «la moglie non doveva lanciare subito l’allarme». Ecco perché lo trascinano dietro la casa. Il bastone, per sviare le indagini, lo lanciano sotto l’auto. Sono le 7.30. Fuggono. Senza lasciare alcuna traccia, solo qualche corda sparsa per il bosco. Fra mezz’ora tutti avrebbero saputo la notizia: Aldo Carli era morto.(b.m.)
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