Uccise il padre con 33 coltellate a Trieste, assolto per vizio totale di mente
Per il 28enne Sherif Wahdan la Corte ha deciso la misura del ricovero in Rems per almeno dieci ann
TRIESTE. Assolto perché non imputabile. È la sentenza pronunciata ieri, lunedì 5 febbraio, dalla Corte d’Assise per Sherif Wahdan, il 28enne di origine egiziana che nel settembre 2021 ha ucciso il padre 55enne Ashraf nell’appartamento dove risiedevano in via Stuparich.
Uno dei fatti di cronaca più efferati avvenuti negli ultimi anni a Trieste. Sherif aveva massacrato il genitore con 33 coltellate.
Vizio totale di mente
Riconosciuto il vizio totale di mente, la Corte presieduta da Igor Maria Rifiorati ha disposto la misura di sicurezza detentiva del ricovero, per un minimo di dieci anni, in una Rems, residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza per gli autori di reati gravi affetti da disturbi mentali, evoluzione del vecchio sistema degli ospedali psichiatrici giudiziari.
Anche il sostituto procuratore Federica Riolino ha chiesto l’assoluzione di Wahdan perché non imputabile, indicando la misura del ricovero decennale in Rems. L’imputato era presente in aula, vicino all’avvocato difensore Massimo Scrascia, che aveva a sua volta chiesto l’assoluzione per vizio totale. Wahdan resterà dunque nella Rems di Aurisina dove già si trovava da alcuni mesi e dove grazie alle cure del Centro di salute mentale le sue condizioni psicofisiche appaiono migliorate.
Il processo era stato avviato all’esito della perizia psichiatrica disposta dal Gip Manila Salvà nelle forme dell’incidente probatorio e affidata allo psichiatra Mario Novello, che aveva stabilito la capacità processuale dell’imputato, pur riconoscendo il vizio di mente al momento dei fatti.
L’accusa era di omicidio volontario aggravato dall’aver agito nei confronti di un ascendente. Il giovane era stato ritenuto incapace di intendere, ma capace di volere quando aveva commesso l’omicidio e quindi in grado di partecipare al processo.
Le diagnosi e la pericolosità sociale
Novello ha diagnosticato una forma di schizofrenia paranoide, mentre il consulente della difesa Marco Stefanutti ha concluso per una valutazione diversa: una grave psicosi delirante a sfondo mistico persecutorio, ma che delinea comunque un vizio totale di mente.
Nell’udienza di ieri Novello ha anche illustrato l’esito dell’ultima perizia sulla pericolosità sociale di Wahdan, tuttora sussistente anche se attenuata, grazie alle cure farmacologiche.
La brutale e insensata violenza del parricidio e le dichiarazioni deliranti del giovane subito dopo l’arresto avevano fatto capire fin dal primo momento che Sherif era affetto da gravi disturbi psichici.
Aveva affermato di «essere Dio» e di avere potere di vita e di morte sugli altri esseri umani. Deliranti anche i post che pubblicava su Facebook, con testi a sfondo pseudo religioso, in cui si proclamava “God of universe”.
Quella stessa frase l’aveva scritta su una delle pareti della cucina dove aveva massacrato il padre. Quel pomeriggio – era il 17 settembre del 2021 – Sherif aveva afferrato un coltello da cucina e si era avventato su Ashraf che stava aprendo il frigo, cominciando a colpirlo. L’uomo aveva tentato di difendersi e scappare, ma il figlio lo aveva inseguito in corridoio, poi in stanza da letto e infine ancora in cucina, continuando a sferrare fendenti, mentre il padre cercava disperatamente di sottrarsi alle coltellate e di restare in piedi, aggrappandosi a mobili e pareti.
L’epilogo di ieri è stato dunque analogo a quello per Alejandro Augusto Stephan Meran, il 33enne che ha ucciso gli agenti Pierluigi Rotta e Matteo Demenego in Questura il 4 ottobre 2019.
Meran è stato assolto in primo e secondo grado per infermità mentale, perché riconosciuto non imputabile, ed è stata disposta la misura del ricovero in Rems, in questo caso per un periodo più lungo: almeno trent’anni. —
o© RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo