“Uccise” il fratello nell’incidente, sconto di otto mesi

Trieste: Massimo Kari era uscito di strada con una vettura durante un permesso del carcere. Morì Maicol di 15 anni
Foto BRUNI TRieste 19 09 10 Inc Mortale Via Forlanini
Foto BRUNI TRieste 19 09 10 Inc Mortale Via Forlanini

Otto mesi di “sconto” di pena per Massimo Kari, 25, anni, il giovane nomade accusato di aver ricettato una vettura, di essersi messo al volante ubriaco, di aver provocato un incidente in cui è morto suo fratello Maicol, 15 anni, e di essere fuggito dopo aver rubato un’altra auto con cui poco dopo era schiantato contro un muro.

Nel processo di primo grado svoltosi con rito abbreviato nella scorsa estate, il presidente del gip Raffaele Morvay gli aveva inflitto cinque anni di carcere. Ieri il giudice di appello Igor Maria Rifiorati, ha mitigato la pena, riducendo a quattro anni e quattro mesi. Per questo ridimensionamento si è prodigato l’avvocato Sergio Mameli che assiste Massimo Kari fin dal momento dell’arresto, seguito allo schianto avvenuto nei pressi del comprensorio di Rozzol-Melara.

Era il 18 settembre 2010 e da quel giorno Massimo Kari è stato “ripudiato” dalla sua famiglia. Nessuno dei parenti lo ha mai atteso fuori dall’aula, nessuno lo ha confortato nei corridoi del palazzo di Giustizia come accade inevitabilmente per altri nomadi che sono portati davanti ai magistrati in manette.

Gli imputano di non aver nemmeno tentato di soccorrere il fratello agonizzate, intrappolato tra le lamiere della vettura rubata con cui si era appena schiantato sul guard -rail. Massimo Kari era scappato; aveva pensato solo a se stesso senza degnare di uno sguardo o di minimo tentativo di soccorso il fratello che stava morendo. Ecco le ragioni per cui è diventato un “reietto”.

Questo isolamento a pochi giorni dal processo di primo grado lo aveva indotto ad infierire con una lametta sui propri polsi. Un gesto di disperazione che aveva provocato il suo immediato trasferimento dalla cella all’ospedale di Cattinara dove aveva subito un intervento di sutura protrattosi per due ore.

La perizia psichiatrica voluta dal difensore, non aveva aperto la via a sconti di pena ma aveva evidenziato che Massimo Kari “è un ritardato mentale, con una modesta disabilità intellettiva, bisognoso di interventi medici di sostegno”.

Questo giudizio spiega, seppure parzialmente, quanto era accaduto il 18 settembre 2010. Quel giorno Massimo Kari, uscito da poche ore dal carcere in licenzia premio, non solo si era messo al volante di una vettura ricettata dopo aver bevuto una intera bottiglia di vodka, ma vi aveva fatto salire anche il fratello di 15 anni.

Va aggiunto che nella formulazione dei capi di imputazione il pm Federico Frezza aveva contestato all’imputato anche la “recidiva specifica infraquinquennale reiterata”. In altri termini già altre volte negli ultimi cinque anni Massimo Kari aveva commesso analoghi reati. Inoltre quando la condanna pronunciata ieri dalla Corte d’appello passerà in giudicato, al giovane rom verrà revocato in sede esecutiva anche l’indulto di tre anni applicatogli nel 2006. c.e.

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