Svelato il giallo: uccisa dall’alcol la donna trovata morta nel condominio di via Fabio Severo a Trieste
Oltre a una costola rotta l’autopsia e i test tossicologici svelano le cause del decesso
dell’ucraina trovata lo scorso agosto sulla scalinata che porta al sottotetto del condominio
Morta di alcol. Ecco cosa aveva ucciso Zhanna Russu, la quarantacinquenne ucraina trovata senza vita lo scorso agosto nel condominio di via Fabio Severo 20. La donna, che abitava al sesto piano in un appartamento dell’Ics assieme ai due figli e ad altre quattro famiglie di profughi suoi connazionali, era stata rinvenuta sulla scalinata più alta della palazzina che conduce al sottotetto dell’edificio.
A quattro mesi dall’episodio l’autopsia eseguita dal direttore di Medicina legale dell’Asugi Stefano D’Errico e gli esami del chimico e direttore della Struttura semplice di tossicologia del Burlo Riccardo Addobbati, sono giunti a queste conclusioni: il decesso era stato causato da un’insufficienza respiratoria acuta correlata all’assunzione di etanolo. Vale a dire alcol alimentare. Inoltre era stata rilevata la frattura di una costola compatibile con l’urto del dorso con una superficie dura, come appunto i gradini su cui la persona giaceva.
Ma fin da subito si era pensato a un’aggressione, viste le circostanze e la posizione in cui si presentava il corpo al momento della scoperta. Il punto in cui giaceva, innanzitutto: la rampa di scale del sottotetto. E il fatto che il vestito che indossava fosse sollevato, oltre che il dettaglio della borsetta aperta.
La postura del cadavere e gli oggetti sparsi attorno, sulle scale, in effetti davano l’impressione come di una persona in fuga.
E infatti le indagini, fin dal primo momento, si erano indirizzate sull’ipotesi in un’aggressione e quindi di un decesso conseguente a una possibile azione violenta. Sul caso avevano indagato i Carabinieri, diretti dal pm Andrea La Ganga che aveva ereditato il fascicolo dal pm Pietro Montrone (ora procuratore a Pordenone).
Era metà agosto: la Zhanna Russu risultava scomparsa da un giorno e mezzo. Il corpo era stato scoperto da una coinquilina della quarantacinquenne, preoccupata di non vedere più in casa la connazionale per tutto quel tempo. Quindi si era messa a cercarla anche nei vani condominiali e a un certo punto aveva notato sulla rampa di scale sopra il settimo piano, proprio quelle che conducono verso la parte del sottotetto, una borsetta aperta con degli oggetti attorno tra cui alcuni trucchi.
La coinquilina aveva visto anche un ginocchio che spuntava dalla rampa e, nel contempo, era stata investita da un odore forte. Era il cadavere della quarantacinquenne ormai già in decomposizione. D’altronde in quel periodo – era pieno agosto – faceva molto caldo e le temperature raggiunte nella zona del sottotetto non potevano che determinare un effetto del genere sul corpo di una persona deceduta.
La coinquilina aveva dato l’allarme allertando i soccorsi. La primissima ispezione sulla salma non aveva rilevato nulla di particolare: nessuna ferita che potesse giustificare una violenza. Né segni sulla pelle, come ad esempio tracce di un possibile strangolamento o di un soffocamento. Erano stati rinvenuti però alcuni leggeri lividi da pressione: così sembrava, almeno, ma non erano facilmente identificabili viste le condizioni di decomposizione in cui versava il cadavere.
Servivano dunque l’autopsia e il test tossicologico per stabilire il motivo della morte, riscontrata ora nell’assunzione massiccia di alcol. La quarantacinquenne aveva bevuto molto e, salendo sulla gradinata, aveva perso i sensi ed era caduta.
Nei mesi antecedenti al fatto un’ambulanza del 118 era già intervenuta per soccorrere la donna: anche allora, quando i sanitari l’avevano presa in carico, era quasi in coma etilico. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo