Uccideva le escort con la balestra e le derubava

Il serial killer delle escort ha subito confessato gli efferati omicidi delle due ragazze scomparse e ha consentito agli inquirenti di scoprirne i cadaveri, entrambi seppelliti sul greto del Torre, vicino a Villesse
Ramon Berloso nella foto segnaletica dopo la cattura
Ramon Berloso nella foto segnaletica dopo la cattura
UDINE
Un serial killer astuto e diabolico. Pronto, domenica sera, a colpire quella che doveva essere la sua terza vittima. Ramon Berloso ora è in carcere accusato di una sfilza di reati: duplice omicidio aggravato, occultamento e vilipendio di cadavere, rapina e detenzione abusiva di armi improprie.


IL PIANO
Rapinare prostitute di alto bordo, spogliarle di ogni loro avere e ucciderle. Ramon Berloso ha le idee chiare quando, qualche mese fa, decide di agire. Dall’aprile del 2009 è senza lavoro. Fa il giardiniere, ma non lo chiamano più. Non ha un becco di un quattrino e cerca una scorciatoia per avere in tasca i soldi che gli permettano una vita agevole. A Ruda ruba un’auto, una Peugeot, dentro la quale trova un telefono cellulare. Con quella scheda contatta la prima escort, Ilenia Vecchiato. Le dà un appuntamento, siamo ai primi di marzo. Lei arriva in Friuli è notte, si appartano in uno stabile abbandonato dalle parti di Villesse. Lui la bastona e poi infierisce con una balestra. La seppellisce nuda poco lontano, lungo il greto del Torre, poi le prende tutto: 10 mila euro in contanti, il telefono e la macchina, una Grande Punto nera.


SECONDA VITTIMA
Adesso Berloso ha in mano una scheda telefonica “pulita”, quella della Vecchiato, con la quale chiama Diana Alexiu. Concorda l’appuntamento per il 20 maggio. Lei arriva da Desenzano, si incontrano fuori dal casello dell’A4 di Palmanova. Lui arriva con la Grande Punto, salgono in auto, vanno sul greto del Torre. Diana non sospetta ma il mostro è in agguato: stavolta usa solo la balestra, frecce allo stomaco. La escort romena muore, la seppellisce nuda accanto alla “collega”. Toglie i vestiti alle donne per agevolare la decomposizione dei corpi, dirà Berloso agli investigatori. Lui giura di non aver consumato rapporti sessuali con le vittime: sarà l’autopsia a stabilire la verità.


LA SVOLTA
Gli inquirenti indagano all’indomani della denuncia della scomparsa di Diana Alexiu: il fratello, in Romania, non si dà pace. Dice che la sorella è metodica e non avrebbe mai mancato di chiamare, ogni giorno, i suoi parenti. Polizia e carabinieri riescono a scoprire che Diana entra in contatto con l’utenza telefonica che era dell’altra prostituta uccisa prima di lei e che il goriziano stava utilizzando. A quel punto l’uomo viene costantemente “monitorato” e fermato prima della sua terza mattanza.


LA BMW
Quando gli inquirenti rinvengono in un parcheggio di Cervignano il Suv della Alexiu, capiscono che il teatro del crimine è proprio il Friuli, così l’inchiesta fa un salto di qualità. La vettura viene portata a Udine e “scandagliata” con le tecniche più all’avanguardia per scovare tracce biologiche e impronte digitali.


LE IMPRONTE
Con la Bmw X5 della Alexiu, l’omicida si sposta tre volte. Una volta va a Desenzano, dove la giovane abitava. Vuole entrare a casa sua e rubare tutto quello che può. Ma desiste, forse qualcosa lo ostacola. Paga il pedaggio e proprio sul ticket autostradale la polizia scientifica trova la sua impronta: è probabilmente l’errore che lo condanna.


LA TRAPPOLA
A questo punto Berloso è incastrato, nonostante lui abbia studiato le tecniche investigative e abbia in mente le “contromisure”. Siamo ai primi di luglio, cerca e trova una terza prostituta. La contatta sempre con il numero della Vecchiato e le dà l’appuntamento per domenica in tarda serata.


Carabinieri e polizia sanno che la giovane donna, una friulana, rischia di morire e così gli tendono la trappola: lui è diffidente, capisce la mala parata, davanti alle pattuglie che gli intimano l’alt fa un’azione da stunt-man, va contromano sulla statale e si dilegua con l’auto a folle velocità.


Lo trovano a Padova, nella notte tra lunedì e ieri, in stazione. Voleva salire su un treno per Milano, da lì avrebbe voluto prendere un aereo per il Brasile, dove qualche ora prima aveva contattato un’amica, il cui telefono era sotto controllo. «Avevo preso una brutta china – dice scuotendo la zazzera di capelli biondi e guardando negli occhi il capo della mobile di Udine Gaetano e il comandante dei carabinieri Pasquariello che lo fermano –, avete fatto bene a prendermi».


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