Ubriaco alla guida dell’ambulanza Asl di Trieste apre un'inchiesta
L'episodio accaduto nella notte tra venerdì e sabato scorsi. C’è il sospetto che un’ambulanza con una ammalata grave a bordo per un tratto di strada sia stata guidata dall’autista ubriaco
«Prenderemo tutte le misure del caso, anche le più severe previste dal contratto di lavoro». Lo ha dichiarato ieri Adele Maggiore, la direttrice sanitaria dell’Ass triestina numero uno. Con queste parole ha confermato la notizia che i vertici della stessa Ass hanno aperto un’inchiesta a livello amministrativo per fare chiarezza su un episodio accaduto nella notte tra venerdì e sabato scorsi.
Nella vicenda sono coinvolti direttamente e indirettamente alcuni autisti, infermieri e ausiliari del Servizio del 118. C’è il fondato sospetto che un’ambulanza con una ammalata grave a bordo da trasportare a Cattinara, per un tratto di strada sia stata guidata o dall’autista di ruolo ubriaco fradicio o da un infermiere, non autorizzato a condurre questi mezzi di soccorso, subentrato all’amico. Quella notte l’infermiere aveva salutato con i colleghi il suo pensionamento: prima con una festa organizzata all’interno del garage delle ambulanze del 118 ospitato dalla caserma dei pompieri di via Bartolomeo d’Alviano; poi in un locale sulle Rive, a pochi metri della Sacchetta.
Certo è che l’autista ufficiale dell’ambulanza è finito al Pronto soccorso di Cattinara, dove lo stesso mezzo aveva trasportato l’ammalata, la signora Leda C., 87 anni. L’autista è risultato più che ubriaco. Nel suo sangue le analisi hanno rivelato un tasso alcolico superiore al due per mille, mentre la soglia ammessa dal Codice della Strada per mettersi al volante di un mezzo privato, non di uno di soccorso, deve essere inferiore allo 0,5. In altri termini era quattro volte fuorilegge.
L’autista ha vomitato ed è poi svenuto, tanto da essere accolto in osservazione. Poco dopo sono intervenute una Volante della polizia e un equipaggio dei Vigili urbani. Con buona probabilità è stato redatto un verbale, attraverso il quale lo stato di etilismo acuto dell’autista è stato sanzionato. Non però il fatto che era ubriaco al volante. Ora l’inchiesta vuole capire chi ha portato numerose bottiglie di vino e altri alcolici all’interno della rimessa in cui le ambulanze attendono le chiamate. Certo è che i festeggiamenti erano stati autorizzati ma con l’esplicita proibizione di introdurre tra i mezzi di soccorso e gli equipaggi, bottiglie, bottiglioni e fiaschi.
Va anche rilevato che la chiamata di soccorso era giunta al 118 alle ore 23.48. L’ambulanza - forse ferma accanto al locale delle Rive - è arrivata in via Ruggero Manna alle 23.56 e ha trovato in attesa il vicino di casa dell’anziana. Rocco D. aveva sentito l’anziana lamentarsi e aveva dato l’allarme per telefono. Il mezzo del 118 è ripartito con la paziente a bordo in direzione di Cattinara alle 0.07 ed è giunto all’ospedale alle 0.23. Se il cambio di ”pilota” è effettivamente avvenuto per il malore che avrebbe colto il vero autista ubriaco, non è dato al momento sapere. Una delle voci che da giorni squassano l’ospedale accredita una serie di comunicazioni tra la stessa ambulanza e la sede operativa di via del Farneto. Prima si sarebbero svolte via radio, e ogni parola è stata registrata. Poi con i telefoni cellulari, che se non sono intercettati dalla magistratura, difficilmente consentono il ricupero di quanto è stato detto nella conversazione.
Questa tesi accredita che il pensionato possa essere stato chiamato in aiuto dell’amico più che bevuto. A bordo dell’ambulanza c’erano due infermiere che dovranno deporre davanti alla Commissione d’inchiesta istituita dai vertici dell’Azienda.
«L’indagine sarà svolta con tutte le garanzie di legge ma anche con grande severità, proprio a tutela del buon nome che gode in città il 118» ha ribadito Adele Maggiore. Certo è che i tempi di intervento e di trasporto da via Ruggero Manna al Pronto Soccorso di Cattinara sono stati rispettati e che la paziente non si è accorta di nulla e nulla al momento ha potuto riferire. Stava molto male e il codice che definiva la gravità dell’intervento era quello ”giallo”, superato solo da quello ”rosso”.
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