Tumori sospetti al Burlo, l’ipotesi del sabotaggio
La direzione generale dell’Azienda ospedaliera di Trieste, e con ogni probabilità anche quella del Burlo Garofolo, è pronta a far partire un esposto in Procura per accertare un’ipotesi di sabotaggio sui dati rilevati nelle scorse settimane dall’irradiatore di sangue, il macchinario custodito negli scantinati dell’istituto di via dell’Istria proprio sotto il Pronto soccorso, sospettato di aver causato tumori al personale. Una decina i casi che risulterebbero tra i medici e gli infermieri dell’astanteria e quanti in passato si sono serviti del marchingegno, nel cui interno si trova una sorgente a base di cesio.
Uno dei dosimetri utilizzati per verificare eventuali anomalie aveva infatti segnalato una lieve perdita radioattiva dallo strumento, facendo scattare l’allarme e gli accertamenti degli esperti, oltre che il blocco del macchinario in via cautelativa. La fuoriuscita, registrata a fine marzo da quanto risulta, risale al trimestre ottobre-dicembre 2014, ma successivi controlli avevano escluso guasti o altro, confermando l’integrità del macchinario. Una circostanza alquanto singolare su cui i vertici sanitari vogliono vederci chiaro.
Anche perché il dosimetro che aveva riportato numeri preoccupanti era stato posto sopra l’irradiatore, mentre l’altro, installato nelle vicinanze, era invece risultato nella norma. Un fatto che nessuno ha saputo spiegare e che farebbe pensare a una manomissione: il dosimetro in questione potrebbe essere stato avvicinato appositamente a un fascio radiogeno se non addirittura inserito nella macchina. Una ricostruzione che assume i contorni del giallo e che getterebbe un’ombra sul personale che lavora all’interno dell’Irccs, tanto più davanti alle numerose malattie avvenute al Burlo negli ultimi anni che nessuno ha ancora saputo giustificare.
Stando a questa versione, qualcuno avrebbe volutamente alterato i dati. Solo ipotesi, naturalmente, sufficienti però a spingere i vertici sanitari a meditare l’esposto in Procura, atteso per le prossime ore. La notizia di un atto presentato dal Commissario straordinario dell’Aouts Nicola Delli Quadri si è rincorsa per tutta la giornata di ieri, ma non ha trovato evidenze ufficiali, non ancora almeno. «Non confermo né smentisco – si è limitato ad affermare Delli Quadri – il fatto è delicato, è già stato detto abbastanza. Non c’è necessità di alimentarlo».
La Regione non sarebbe stata informata di un possibile passaggio in Procura. «L’azienda ha autonomia e su questo non è tenuta a dare comunicazione formale alla giunta», precisa l’assessore alla Salute Maria Sandra Telesca. «Comunque se ci sono gli estremi per rivolgersi alla Procura – commenta – Delli Quadri ha ragione di muoversi in questo senso. Se ci sono elementi forti che fanno presupporre un illecito, il Commissario fa bene. Delli Quadri è una persona seria, vuol dire che ha elementi seri».
L’assessore, dal canto suo, è intenzionata ad andare fino in fondo con questa vicenda e ha avviato un’indagine: ieri ha firmato un documento con cui ha attivato la procedura per verificare l’esistenza di un nesso tra le malattie e l’irradiatore, o altre cause. Nella lettera, inviata al direttore centrale dell’assessorato Adriano Marcolongo, Telesca ha domandato di coinvolgere per gli approfondimenti i massimi esperti in materia.
Due le personalità individuate: uno è il dottor Fabio Barbone, direttore dell’Istituto di Igiene ed Epidemiologia clinica dell’Azienda ospedaliero universitaria di Udine, che sta già studiando il caso. L’altro è uno specialista del Cro di Aviano. «Al di là di quanto è stato fatto finora, servono delle perizie tecniche da parte della Regione per avere un quadro dettagliato e una relazione. Ci vorrà del tempo, si dovranno acquisire le cartelle mediche delle persone che si sono ammalate e analizzare il macchinario, al di là di quanto è già stato appurato. La questione è molto delicata, si devono fugare tutti i dubbi».
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