Tubercolosi polmonare, a Trieste controlli su 3500 bambini, profilassi per 600
TRIESTE Massiccia operazione sanitaria a scopo preventivo a Trieste. Un operatore dell’Azienda sanitaria universitaria integrata di Trieste (Asuits), una pediatra convenzionata addetta alle vaccinazioni, ha contratto la tubercolosi polmonare. La professionista aveva prestato il proprio servizio nei distretti 1-2-3 (Roiano, San Giacomo, Valmaura, Muggia, San Dorligo).
I vertici dell’Azienda hanno deciso di sottoporre a controlli precauzionali 3.500 bambini che rientrano in una fascia d’età che va da 0 a 6 anni. Si tratta di bimbi che sono entrati a contatto con la professionista in quelle sedi nell’ultimo anno e che quindi potrebbero essere potenzialmente a rischio. Per circa 500-600 bambini vaccinati dall’operatore negli ultimi due mesi scatta anche il piano di profilassi.
“Nessun allarmismo”, ha assicurato il direttore generale dell’Asuits Nicola Delli Quadri in conferenza stampa assieme alla task force di medici e dirigenti convocata per gestire l’intera campagna preventiva. “Stiamo seguendo i protocolli previsti per il caso”.
L’Azienda, che ha già iniziato a contattare le singole famiglie, ha aperto un numero verde apposito: 800 991170 (da lunedì a venerdì dalle 8 alle 20) per fornire maggiori informazioni alla cittadinanza.
«Siamo in costante contatto con il Servizio Sanitario cittadino - afferma il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza - che sta adottando tutti i protocolli necessari. È importante seguire le indicazioni che verranno date anche attraverso gli organi di informazione che invito alla massima attenzione e professionalità. Si dovrà anche individuare il ceppo di origine».
«Certo è - aggiunge Dipiazza - che il riacutizzarsi di certe malattie dovrebbe porre degli interrogativi sulla efficacia delle procedure di profilassi che vengono adottate in considerazione della massiccia immigrazione nel nostro Paese».
Un accostamento, quello tra tubercolosi polmonare e migranti, stupefacente nella subitaneità e superficialità, che viene smentito in maniera secca e ufficiale dall'Azienda sanitaria. "L'operatore in passato non ha avuto alcun contatto con immigrati o stranieri. Le cause del contagio sono tutt'altre".
L'Azienda sanitaria spiega che i primi sintomi della tubercolosi contratta dalla pediatra convenzionata risalgono a circa un anno fa. "La malattia è stata diagnosticata in forma attiva. La pediatra - conferma l'Azienda sanitaria - è tuttora ricoverata e le sue condizioni non sono preoccupanti. Le iniziative messe in campo per controllare 3.490 bambini sotto i sei anni sono state decise secondo il principio della massima precauzione".
"Per quanto riguarda gli adulti - riferisce l'Azienda sanitaria - sono stati sottoposti a controllo i colleghi e i familiari della pediatra e le persone che hanno avuto contatti prolungati, superiori alle 8 ore, in ambiente chiuso, in quanto la suscettibilità degli adulti non è elevata".
A Trieste nel 2016 sono stati notificati sette casi di tubercolosi; 13 nel 2015, mentre negli anni '60 si registravano circa 300-400 all'anno. "La positività al test - ricorda l'Azienda Sanitaria - non significa aver contratto la malattia, né che ci sia un collegamento automatico con il caso accertato. Positività significa si è avuto il contatto con il germe; in questo caso vengono approfondite le indagini per verificare se la positività è effettiva e impedire l'eventuale sviluppo della malattia".
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