Truffe per un milione ad anziani e fasce deboli: 10 arresti e 29 denunce a Trieste

Sono 80 gli episodi dal 2023 su cui indagano i carabinieri: 150 mila euro restituiti. Dietro ai raggiri un’organizzazione criminale. Tariffario fissato per i diversi ruoli

Maria Elena Pattaro
Uno dei truffatori
Uno dei truffatori

Una rete criminale architettata per truffare gli anziani con la famigerata tecnica del falso incidente, toccando il loro nervo più scoperto: quello degli affetti familiari. Dieci persone arrestate, altre 29 denunciate a piede libero e 150 mila euro di refurtiva restituita alle vittime, fra contanti e gioielli. I carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Trieste hanno sferrato un primo duro colpo a un’organizzazione di truffatori con radici in provincia di Napoli e braccia operative inviate a Trieste apposta per riscuotere il bottino.

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Fumo del Vesuvio

Sono una quarantina le pedine dell’ingranaggio criminale smascherate dagli investigatori dell’Arma: tra loro ci sono sia uomini sia donne, di ogni età. Nome in codice dell’operazione: “Fumo del Vesuvio”.

In dieci casi è scattato l’arresto in flagranza e qualcuno sta già scontando la condanna inflitta per direttissima.

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Ottanta episodi

Gli episodi su cui indaga la Procura di Trieste sono circa 80, messi a segno dall’estate del 2023 a oggi. I guadagni stimati si aggirano sul milione di euro: un cifra da capogiro, in cui spesso sono confluiti i risparmi di una vita o gli unici ricordi di un caro defunto. In metà dei casi, gli investigatori hanno scoperto gli autori materiali della truffa e le vittime più fortunate hanno riavuto il maltolto.

Il colonnello Gianluca Migliozzi, il procuratore Federico Frezza e il maggiore Fabio Gentilini durante la conferenza stampa. Foto Bruni
Il colonnello Gianluca Migliozzi, il procuratore Federico Frezza e il maggiore Fabio Gentilini durante la conferenza stampa. Foto Bruni

Caccia ai vertici

Ma la partita è ancora aperta: le indagini dei militari, guidati dal maggiore Fabio Gentilini, sono tuttora in corso. L’obiettivo è risalire ai vertici dell’organizzazione e, con la collaborazione dei militari partenopei, decapitarla. Come ha spiegato il procuratore capo facente funzioni Federico Frezza, al momento non è stata contestata l’associazione a delinquere. La Procura triestina ha scelto di imboccare la strada che permette di arginare nell’immediato il fenomeno, contestando i singoli episodi. Così da togliere dallo scacchiere quante più pedine possibile per evitare che continuino a truffare i più fragili. «Un raggiro del genere può innescare negli anziani un vero e proprio tracollo psicologico – afferma il magistrato – per questo è importante dare una risposta tempestiva».

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L’indagine

L’indagine è iniziata a giugno del 2023 a fronte di un’impennata di raggiri: fino a 5 casi denunciati al giorno. A Trieste scatta l’emergenza truffe. Del resto l’alta percentuale di popolazione anziana è un incentivo per i malviventi. I carabinieri si attivano di conseguenza, studiando i singoli casi e le possibili connessioni. La svolta arriva con l’arresto di F.G., 45enne campano, che durante l’interrogatorio vuota il sacco svelando il disegno criminale.

I ruoli chiave

Tre i ruoli chiave della piramide: organizzatori, telefonisti ed esattori. A cui si aggiungono dei “tuttofare” con ruoli logistici: procacciare le sim, noleggiare i veicoli, reclutare manodopera occasionale. Il modus operandi è ben collaudato: gli esattori, pagati 150 euro al giorno, raggiungono in treno la zona da attaccare per poi spostarsi in taxi, bus o auto a noleggio

. Nel frattempo i “centralinisti”, che lavorano da remoto, iniziano a battere il territorio con telefonate a strascico. «Quando qualcuno abbocca, il complice è a casa sua in tre minuti» spiega Gentilini. Gli esattori tornano alla base a fine giornata o anche subito, se un colpo è particolarmente fruttuoso.

La batteria in azione a Trieste era attiva anche a Gorizia e Monfalcone e in altre regioni: Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna, Marche. Alcuni raggiri sono sfociati in reati più gravi come rapina e furto in abitazione e questo ha permesso di utilizzare strumenti investigativi, come le intercettazioni telefoniche e la videosorveglianza, che, di solito, non sono previsti per la semplice truffa.

«Una volta preso coscienza della crescita del fenomeno – afferma il comandante provinciale dell’Arma Gianluca Migliozzi – la Procura si è presa a cuore la questione e questo ci ha permesso di arrivare all’importante risultato di oggi». —

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