Truffa di Sereni orizzonti, intercettati in riunione: «Qui serve creare una falsa fatturazione»

Le cimici hanno registrato i colloqui di Massimo Blasoni con i suoi collaboratori Secondo le indagini, la politica aziendale era quella di massimizzare i profitti

TRIESTE «Mettere uno che sta in due diverse... metto sia di qua che di là... e se vengono... accampare l’errore... cioè su questa carta abbiamo sbagliato... ma però i soldi li lasciamo tutti... cioè, se vedono sistematicità, secondo me è gravissimo... alla fine l’errore uno può averlo anche commesso». È il 14 marzo 2019 e Massimo Blasoni, socio di maggioranza della “Sereni Orizzonti spa”, discute con i suoi più stretti e fidati collaboratori dei deficit assistenziali riscontrati nelle strutture del Friuli Venezia Giulia, in vista della comunicazione del cosiddetto debito formativo - il documento che contiene i dati riepilogativi delle ore di assistenza socio-sanitaria erogata nelle strutture del gruppo - alla Regione.

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Il problema riguarda in particolare le ore di fisioterapia nelle residenze per anziani di via Podgora, a Udine, e di Percoto. Per risolverlo, la sua proposta è di indicare nel documento la presenza di più operatori rispetto a quelli effettivi. «Cioè, se noi gli scriviamo due teste in più e non controllano, è fatta». Per realizzare il piano, però, c’è bisogno di una falsa fattura che copra le ore non effettuate. «La fattura da 450 di (...) la teniamo lì e troveremo il modo di... tanto non verrà pagata», dice, ottenendo il consenso di tutti gli interlocutori. La politica aziendale di «massimizzare i profitti», contestata a Blasoni e a nove suoi dipendenti dalla Procura di Udine, sarebbe passata anche attraverso il mancato rispetto degli standard assistenziali previsti dalla normativa regionale. False rendicontazioni per coprire il costante sottodimensionamento del personale, insomma. E le conversazioni intercettate soprattutto nel corso delle periodiche riunioni nella sede di via Vittorio Veneto lo dimostrerebbero.

Il danno alle Regioni

Sottoposto a custodia cautelare in carcere da giovedì mattina, Blasoni è accusato di truffa aggravata ai danni delle aziende sanitarie di sei Regioni, a cominciare dal Friuli Venezia Giulia, e di alcuni ospiti e relative famiglie dell’Emilia Romagna, in concorso con Marco Baldassi, Judmilla Jani e Federico Carlassara, tutti a loro volta in cella, Denise De Riva, Claudio Salvai, Manuela Castaldi e Laura Spera, tutti ai domiciliari, Walter Campagnolo, sottoposto a obbligo di dimora, e Sergio Vescovi, nei confronti del quale non è stata disposta alcuna misura. I soldi ritenuti indebitamente percepiti dalla società dal 2016 al 2018 a titolo di contributi e rimborsi per oneri sanitari sono stati calcolati in 10.113.564,26 euro. Somma per la quale il gip ha ritenuto di disporre il sequestro preventivo ai fini della confisca. La Regione più danneggiata risulta essere stata la Sicilia (8.110.108 euro), seguita dal Fvg (1.012.238 euro erogati dall’allora Ass n.2 Bassa Friulana e dall’Azienda sanitaria universitaria integrata di Udine) e dal Piemonte (tre aziende per complessivi 991.214 euro). Per il 2019 e per le strutture dislocate nelle altre regioni d’Italia in cui ieri le Fiamme gialle hanno eseguito perquisizioni e sequestri - Veneto, Toscana ed Emilia Romagna -, così come quelle oggetto della medesima gestione e presenti in Lombardia e Liguria, la quantificazione del danno è stata rinviata all’acquisizione della necessaria documentazione.

Traditi dalle cimici

La ciliegina sulla torta delle indagini, partite da una verifica fiscale condotta il 23 aprile 2018 alla Sereni Orizzonti dal Nucleo di polizia tributaria all’epoca comandato ancora dal colonnello Davide Cardia e proseguite sulla scorta delle anomalie emerse a mano a mano che la documentazione veniva esaminata, è rappresentata proprio dalle intercettazioni. «Nel corso delle conversazioni, gli indagati hanno “confessato” il grave “debito di ore” protrattosi per anni – scrive nell’ordinanza il gip Mariarosa Persico –, ricercando e indicando tutte le soluzioni possibili adottate e adottabili, per sanarlo, evidentemente solo sulla “carta”». Essi stessi, in altre parole, avrebbero fornito agli investigatori la chiave di lettura dei dati acquisiti. Un riscontro decisivo per il pm Paola De Franceschi ai fini della formulazione del capo d’imputazione, quindi. Era stato lo stesso Blasoni, parlando degli accertamenti subiti in passato, a commentare che gli avevano fatto «perdere il sonno», ma che poi si erano chiusi nel nulla «perché gli inquirenti – riporta il gip – si erano stancati nel cercare il bandolo della matassa».

L’insabbiamento

E quindi, la “sistemazione” del minutaggio delle ore prestate da infermieri, operatori socio-sanitari, fisioterapisti e dalle altre figure professionali previste dalle convenzioni sarebbe sempre riuscita, perché tenuta accuratamente nascosta. «Sul punto – osserva il giudice – è emerso che per istruire i direttori di struttura sui comportamenti da tenere con inquirenti e organi vari di vigilanza gli indagati organizzassero veri e propri meeting». La strategia sarebbe stata quella di tenere soltanto i fogli presenze più recenti. «Un’unica indagine potrebbe mettere in crisi tutta l’azienda – afferma Blasoni il 23 aprile 2019 –... per caso vanno a indagare su una struttura e dato che ci sono portano via tutto. Il magistrato dice: sapete che c’è? Siccome ho il fondato sospetto che... facciamo i conti di tutti i minutaggi di dieci anni... e abbiamo tutto lì, pronto».

E allora, via tutto: cancellare email, scrivere sulle “matrici”, ossia i file di rendicontazione interna, che non sono documenti attendibili e consegnare ai “controllori” soltanto i turni di servizio degli ultimi due mesi.

La riclassificazione

L’espediente cui Blasoni e i suoi avrebbero maggiormente affidato la presunta falsa rendicontazione dei minutaggi è indicata dal pm nella «riclassificazione al meglio degli ospiti». Una sorta di traghettamento da una categoria di non autosufficienza medio-bassa a una superiore, per la quale è sufficiente un minutaggio inferiore. Un escamotage neppure troppo rischioso, visto che la scelta è discrezionale, non esistendo un criterio scientifico, ma che a sua volta richiederebbe un guizzo di furbizia. «Siccome esporre una categoria meno grave di non autosufficienza comporta lo “svantaggio” di diminuire gli oneri rimborsati dalle Regioni – si legge nell’ordinanza –, la riclassificazione va svolta principalmente sugli ospiti privati, così da bilanciare il minutaggio esposto per il rimborso con quello dovuto agli ospiti non convenzionati. A discapito, in sostanza, anche di questi ultimi». —


 

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