Trivelle senza quorum, affluenza al 31%

Renzi: "La demogogia non paga". Serracchiani: "Siamo in sintonia col Paese". Basilicata l’unica regione oltre il 50%, maglia nera Trentino Alto Adige. Tweet di Carbone riapre lo scontro nei dem

ROMA. Affondato. Il referendum sulle trivelle non raggiunge il quorum necessario per la sua validità. La percentuale di affluenza registrata alle 23 lascia pochi dubbi: al voto si è recato il 31% degli aventi diritto, l’85,8% dei quali si è espresso per il sì. Dunque molto al di sotto del 50% più uno, che equivale al quorum necessario per rendere validi i referendum abrogativi. È una sconfitta per il variegato fronte del “sì”, che va da Sinistra italiana alle associazioni ambientaliste fino a CasaPound, ed è una vittoria per il fronte del “no” e per Matteo Renzi, che ha visto premiata la scelta dell’astensione. "La demagogia non paga" ha detto tra l'altro il premier. Per la governatrice del Fvg, Debora Serracchiani, nonchè numero 2 del Pd "siamo in sintonia con il Paese".

Nel Pd, comunque, la battaglia va oltre il quorum. Anche se non è stato raggiunto, il risultato verrà comunque messo sulla bilancia. Il voto di ieri si è infatti trasformato in un braccio di ferro tra renzismo e anti-renzismo. E il dato che esce dalle urne serve a capire quanto pesa l’opposizione a Renzi, in vista delle amministrative di giugno e soprattutto del referendum costituzionale di ottobre.

Alle 19 l’affluenza più alta si registrava in Basilicata, 33,26%, la Regione dove è esploso lo scandalo che ha portato alle dimissioni Federica Gudi. Ed è proprio la Basilicata l’unica regione italiana dove alla chiusura delle urne il fatidico 50% è stato superato, seppure d’un soffio: 50,32% l’affluenza definitiva, con la provincia di Matera al 52,69% e quella di Potenza al 49,08%. Percentuale alta anche in Puglia oltre il 41%, e in Veneto con il 37,88%. Fanalino di coda il Trentino Alto Adige con il 25% , poco oltre il 26% Campania e Calabria.

Le polemiche politiche non sono mancate durante la giornata del voto. Ad aprire le danze è l’esponente grillino e vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, che rende pubblica l’avvenuta votazione con un tweet ironico indirizzato al premier: «Avete notizie del presidente del Consiglio?». Della stessa natura polemica verso Renzi il tweet di Renato Brunetta (Fi): «Ho votato “no” a referendum su trivelle». Più pacato il commento al voto del presidente del Senato, Pietro Grasso: «Rispetto ogni posizione ma sono affezionato all’idea di esprimere un voto quando, da cittadini, siamo chiamati a farlo».

Dopo i primi dati sulla partecipazione degli elettori a metà mattina, i sostenitori del “sì” avevano detto di essere fiduciosi e il presidente Pd della Puglia, Michele Emiliano si era detto ottimista. Poi, alle 19, il governatore pugliese definisce un «successo» il 23,48% e spiega che il governo «dovrà tenerne conto». Il comitato no triv fa notare che sono andate al voto 12 milioni di persone e anche Beppe Grillo incrocia le dita: «Coraggio! Non molliamo!».

Cosa succederà adesso? I problemi, al di là del risultato, riguarderanno i contraccolpi nel Pd. La linea scelta è stata quella dell’astensione ma con numerosi parlamentari e presidenti di Regione che di sono schierati contro. E presto si arriverà alla resa dei conti. Un assaggio si è avuto già ieri. I dirigenti dem hanno cominciato a litigare su Twitter. Il deputato renziano Ernesto Carbone ha canzonato i sostenitori del referendum scrivendo: «Quorum? Ciaone». La frase ha provocato un mare di polemiche. «Trovo imbarazzante che in queste ore dirigenti di spicco del Pd stiano irridendo a colpi di tweet quei cittadiniche hanno scelto di votare al referendum e dunque di partecipare in modo attivo alla vita democratica del Paese», ha protestato il senatore della minoranza Pd Miguel Gotor. A far discutere anche la gaffe del presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca: «Sul referendum di oggi sapete come la penso: per me è una palla».

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