Triestino vittima dell’amianto, ecco quanto dovrà risarcire il ministero
Dario Zuban aveva contratto il mesotelioma durante la leva nella Marina Militare
La Corte d’Appello ha confermato la sentenza di primo grado emessa nel dicembre scorso dal Tribunale di Trieste, che disponeva inoltre che il ministero dell’Interno riconosca al sergente lo status di vittima del dovere.
Il ministero della Difesa dovrà risarcire con 285 mila euro e con assegni vitalizi da 2.100 euro mensili Gina Natalini Risi, la vedova di Dario Zuban, il triestino sergente della Marina militare italiana morto il 19 febbraio del 2023 per mesotelioma peritoneale causato dall’esposizione all’amianto.
Ad avviare il procedimento giudiziario era stato lo stesso Zuban, al quale nel 2015, all’età di 60 anni, era stato diagnosticato quel cancro maligno piuttosto raro che colpisce il peritoneo. A quel punto, approfondendo la diagnosi, l’uomo era venuto a conoscenza che il fattore di rischio principale per l’insorgere della neoplasia è l’esposizione alle fibre di amianto. Da lì anche la scoperta della sua elevata e non cautelata esposizione all’asbesto dal dicembre del 1976 all’aprile del 1978, quando durante il servizio di leva era stato arruolato come motorista nei ranghi della Marina militare, prima al centro di addestramento reclute di Taranto, poi a bordo della nave Centauro.
Zuban si era così rivolto all’Osservatorio nazionale amianto, affidandosi all’avvocato Ezio Bonanni, presidente dello stesso Osservatorio, che coadiuvato dall’avvocato Corrado Calacione ha avviato il procedimento per far ottenere all’uomo il riconoscimento dello status di vittima del dovere e i benefici amianto riservati alle Forze armate.
Le condizioni di salute di Zuban nel 2022 si erano aggravate: la neoplasia non gli ha lasciato scampo e nel febbraio del 2023 è deceduto. A quel punto è stata la moglie Gina a portare avanti la causa.
Nel corso del procedimento è emersa una situazione ambientale «nella quale – si legge nelle sentenza di primo grado emessa dal giudice Paolo Ancora – molteplici erano i rischi cui il militare veniva sottoposto». In fase statica «per la presenza di amianto nelle paratie della nave prospicienti le cuccette e nei pannelli applicati alle stesse, spesso in condizioni di cattiva manutenzione». In quella dinamica invece durante lo svolgimento di attività di manutenzione di motori «con coibentazioni in amianto in ambienti angusti, e di manutenzione di gruppi elettrogeni che richiedevano di tagliare fogli di amianto».
Dopo la sentenza di primo grado, il ministero della Difesa aveva proposto appello, che ora è stato respinto. «Si tratta di una sentenza significativa – spiega il presidente Bonanno – perché sottolinea che l’amianto è stato usato senza restrizioni e in elevate concentrazioni nelle basi arsenalizie e nelle unità navali, e che c’è stata esposizione indiscriminata e senza restrizioni dei nostri militari, in particolar modo dei motoristi navali della Marina Militare, come Zuban». Il presidente dell’Osservatorio costatata amareggiato come «purtroppo sono centinaia i casi di decessi dei militari delle nostre Forze armate per mesotelioma e altre patologie asbesto correlate».
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