Triestino marcia per novecento chilometri attraverso la Patagonia

Marco Parlante, 26 anni, non è nuovo a queste imprese: già percorsi Islanda, Italia e Iran. «Mi sono fermato a 2 km dall’Oceano: troppo rischioso» 

TRIESTE «Mi sono fermato a 2 km dall’oceano Antartico. C’era un fiume ed era troppo rischioso da guadare. Ma in fondo la cosa più importante non era raggiungere l’Oceano: era tornare a casa, vivo».

Capello fucsia, 26 kg di zainetto, Gps, drone, GoPro al seguito e tanta, tanta adrenalina. Marco Parlante, ventisei anni, già autore della traversata a piedi dell’Islanda, dell’Italia e di parte dell’Iran, è reduce da un viaggio ancor più proibitivo: la camminata di 900 km lungo la Patagonia per raggiungere la “fine del mondo”.

«L’avventura crea dipendenza. Una dipendenza che nel mio caso mi spinge a voler aggiungere ogni volta qualche difficoltà», ammette Marco, laureato in Musica elettronica, nella vita di tutti i giorni tecnico del suono. Preparatosi per questa nuova avventura allenandosi nelle Alpi Giulie, il giovane triestino ha scelto un’attrezzatura performante: tenda resistente ai forti venti, giubbotto che potesse reggere a giorni e giorni di pioggia continua, scarpe in grado di rimanere integre dopo 900 km.

Il viaggio è iniziato a Caleta Tortel, Cile, un villaggio che si affaccia sull’oceano Pacifico, in mezzo alle Ande. Da qui Parlante prende la Carretera Austral fino ad entrare attraverso i boschi in Argentina e raggiungere poi le pianure deserte.

Il tecnico del suono in marcia nel grande silenzio islandese
Il 24enne triestino Marco Parlante


«Nonostante il clima rigido vicino alle montagne, una delle fasi più difficili è stata proprio questa, con centinaia di chilometri lungo una strada diritta e senza niente, nemmeno l’acqua. Solo tante carcasse di guanachi (camelidi, dei stretti parenti dei lama, ndr). Sono riuscito a mantenere alto il morale solo grazie all’incoraggiamento che ricevevo dagli automobilisti che mi guardavano come fossi un matto».

Una volta conclusa la traversata nelle steppe, Marco riprende la via delle montagne, tornando in Cile, percorrendo il circuito “Q” di Torres del Paine per scendere fino a Puerto Natales.

Trieste, l'impresa in solitaria di Marco: 900 km a piedi in Patagonia


«In Patagonia non ci sono animali velenosi. Tuttavia è una zona densa di puma, i cui attacchi all’uomo sono rari, ma non impossibili. Ne ho incontrato uno, all’alba sotto il Cerro de los Cristales, che ha attraversato il sentiero davanti a me per poi nascondersi nella vegetazione», racconta ancora estasiato Marco.

Terminato il viaggio sulla terraferma Parlante si sposta sull’Isla Navarino per concludere il viaggio ai confini del mondo. Da Puerto Williams, considerato il paese più australe del pianeta, inizia a scendere verso Sud, lontano da qualsiasi civiltà.

«Mi sono ritrovato travolto da forti bufere di neve. Mi era successo qualche anno fa in Islanda. Allora mi salvai urlando e trovando altre persone, stavolta ho mantenuto la calma e grazie al Gps ho proseguito il cammino sino ad uscire dalle montagne, per dirigermi verso l’oceano Antartico».

Qui, in mezzo alle paludi, scopre una specie di bivacco. E trova un registro dei passeggeri, scoprendo di essere il primo italiano dal 2005, data di inizio del registro.

Poi lo stop imprevisto. «Ho provato a raggiungere l’Oceano ma mi sono dovuto fermare a 2 km dall’arrivo a causa di un guado troppo pericoloso. Da lì vedevo il mare. Davanti a me c’erano solo Capo Horn e l’Antartide. Sono stato felice di dichiarare quella la mia fine del mondo e di iniziare il cammino di ritorno. In questo viaggio ho corso tanti rischi, ma è importante saper riconoscere un pericolo eccessivo. Bisogna sviluppare un sesto senso che ti avverte di tornare indietro. Finché sei in tempo». –


 

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