Triestina di 13 anni abusata dal maestro d’equitazione
TRIESTE Due ragazzine, di cui una triestina, infatuate del proprio istruttore di equitazione, le lezioni al maneggio in Friuli e qualche trasferta fuori regione: è in questa cornice, taciuta da entrambe le adolescenti e al riparo da qualsiasi sorta di sospetto delle famiglie, che nel tempo sarebbe maturato uno scandalo culminato, all’inizio di febbraio, nell’arresto di un friulano di 50 anni di cui ometteremo le generalità a tutela delle parti offese.
Nei suoi confronti la Procura di Udine ha ipotizzato il reato di violenza sessuale continuata e aggravata dal fatto di essere stata commessa su minori con meno di 14 anni. L’altro giorno, davanti al gip di Udine, è stata sentita nella forma dell’incidente probatorio la seconda delle allieve che avevano affermato di avere avuto rapporti completi, e consenzienti, con lui. Circostanze tutt’ora al vaglio degli inquirenti e che l’indagato, almeno per quel che riguarda la più giovane delle sue presunte vittima, ha già negato.
Il caso era scoppiato poco più di un anno fa, a seguito della denuncia sporta dai genitori di una 13enne residente a Trieste. Era stata la madre a riferire di averla sorpresa a toccare le parti intime dell’istruttore mentre si trovavano nella stanza di un b&b della provincia di Padova, dove si erano recati per una gara.
Invitata a confidarsi, la piccola le aveva confessato di avere già avuto con lui due rapporti sessuali, mentre si trovavano nella sua abitazione, vicino al maneggio, in Friuli. Il racconto era stato confermato diversi mesi dopo, nel corso dell’incidente probatorio disposto all’esito della prima tornata di indagini che il pm Letizia Puppa aveva delegato alla sezione di Pg della Polizia di Stato.
Il nome della seconda allieva, un’udinese oggi maggiorenne, era spuntato tra un accertamento e l’altro, raccogliendo anche le testimonianze di altri genitori e dell’ex moglie dell’indagato. Nel rievocare le rispettive relazioni con l’istruttore, entrambe si erano dette attratte e innamorate, descrivendolo come un “Dio” e confermando di avere cercato e condiviso i baci, le carezze e qualsiasi altro momento di intimità rievocato alla presenza di psicologi e investigatori.
La maggiore delle due ha anche riferito di essere rimasta incinta e di avere interrotto la gravidanza quando aveva ancora 17 anni. Finita sul tavolo del gip Matteo Carlisi, la richiesta di misura cautelare del pm, così come la configurazione del reato ipotizzato, avevano trovato pieno accoglimento. E questo perché, per quanto consenzienti, i rapporti erano avvenuti con adolescenti con meno di 14 anni. «Pertanto, che la minore (la triestina, ndr) sia stata plagiata dall’atteggiamento lusinghiero e adulatorio dell’indagato – aveva concluso il giudice nell’ordinanza – è circostanza di corredo rilevante ai fini della valutazione della gravità del reato, ma non della configurabilità dello stesso». Da qui l’applicazione degli arresti domiciliari e, dieci giorni dopo, il rigetto dell’istanza di revoca o modifica della misura presentata dai suoi difensori, gli avvocati Gianfranco Angelilli di Gorizia e Maurizio Paniz di Belluno. Le famiglie delle ragazzine sono rappresentate dagli avvocati Roberto Corbo di Trieste e Anna Maria Cassina di Udine.—
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